Unseed: l’ultima, magistrale, composizione del sound artist Fabio Perletta, sotto il nome di Øe, prende forma dalla rivisitazione dei samples utilizzati dallo stesso per la produzione di Transfer, manifesto sonoro del minimalismo più aureo pubblicato dall’etichetta giapponese Murmur Records nel 2012.
“Il Giappone e l’Oriente in generale rappresentano per me una grande ispirazione, sin da bambino. Ricordo quando vidi per la prima volta le foto di Bangkok che i miei zii fecero al loro viaggio di nozze: fu una specie di folgorazione, ricordo esattamente la sensazione che provai nel vedere la prima volta quei luoghi, così diversi e affascinanti. I colori, i volti, l’architettura e la spiritualità…”
Nella musica di Fabio Perletta, così come nella sua personalità, è possibile ritrovare numerosi elementi ricorrenti: tra questi, l’amore e la devozione per le sublimi terre del Sol Levante sembrano avere un ruolo significativo nella stesura di ogni suo singolo brano, ancor più nel caso specifico di quest’opera. Tale fondamento è possibile individuarlo anzitutto nella scelta, non casuale, di intitolare questa nuova serie di pubblicazioni per Arboretum con il termine “Hanami”.
“Hanami, la festa della fioritura dei ciliegi. Li è festa nazionale, la gente ha diritto alle ferie. Per loro è estremamente importante assistere e godere di questo momento transitorio, che rappresenta la bellezza e la semplicità di un evento apparentemente banale, come lo sbocciare dei fiori. I giapponesi tengono molto alla caducità della natura, per cui nutrono un grande rispetto.”
Si tratta di un rito che pone al centro del suo universo ontologico la contemplazione di un processo essenziale, evolutivo, per l’appunto transitorio, tanto semplice, quanto perfetto nella sua naturale ciclicità. Sotto nuove spoglie, i micro-suoni scolpiti artigianalmente dall’artista italiano ritornano, ri-processati attraverso un nuovo concetto, ma con lo stesso medesimo obiettivo: ammaliare chi è pronto a ricevere in dono plurime emozioni, fatte di note, vibrazioni e visioni.
“Una cosa che mi ha colpito particolarmente del mio viaggio in Giappone è stata la profonda educazione e senso di cortesia della gente. […] Poi il senso dell’ordine, la cura per i minimi dettagli e le cose piccole.“
Uno sguardo al processo. Un vero e proprio excursus quello che ritroviamo nel suddetto album, che non lascia spazio ad ascolti casuali e che punta a garantire un’esperienza unica attraverso la ricerca minuziosa degli elementi sonori e al loro innesto equilibrato, a completamento di armonie leggere che tendono a carezzare l’ignoto. Dal primo all’ultimo brano, Unseed ha bisogno di essere attraversato e vissuto nella sua interezza, suono per suono.
A ‘winter, awakening’ e ‘freezing, light beam’, tracce composte per lo più da glitch glaciali, costruite interamente sul bagliore di accordi eterei, segue ‘charm, hanami’: meditazione pura e viaggio pilotato da un drone che penetra a fondo nel cuore spirituale dell’ascoltatore. In ‘uncertainty, green’, invece, l’organicità dei suoni acquisisce sempre più rilevanza, integrando a dovere il combaciare sinergico dei pattern melodici. Chiude ‘creation, breath’, composizione che vive di due fasi principali: la prima dettata dal brillio frenetico di minuterie sonore e rumori vitrei; la seconda di armoniosa distensione.
Musica come questa educa non solo all’ascolto, ma a un’idea di pura ed empirea bellezza; e lo fa attraverso il processo che di base potrebbe essere considerato il più primitivo nella natura dell’uomo: lo stupore.