Anthony Child (noto ai più con lo pseudonimo di Surgeon) passa circa un mese alle isole Hawaii, precisamente ad Haiku-Pauwela, periodo durante il quale, armato del suo ormai inseparabile sistema modulare, registra delle sessioni completamente ispirate dai luoghi nei quali si trova a soggiornare. Tornato al mondo reale riascolta, bonifica e mette insieme queste registrazioni per dar vita ad un album che prende il nome di Electronic Recordings from Maui Jungle vol.1, titolo che è tutto un programma e che viene ampiamente rappresentato seppur in una forma che potremmo definire estremamente personale.
Surgeon, per i meno esperti, è uno dei produttori techno britannici di maggior talento, uno che c’era quando tutto stava nascendo e che grazie alla sua musica ha contribuito a definire quell’idea di scuola inglese che negli ultimi anni ha dato vita ad uno degli hype più brutali ai quali abbiamo potuto assistere intorno alla techno, se non altro perchè intorno a questo circolo di produttori che, diciamolo, non fanno musica semplice o dall’alto potere distributivo come quello del carrozzone minimal, sono sorti isterismi di massa quantomeno inaspettati. Per dovere di cronaca Sugeon nel periodo che va dal 1996 al 1999 da vita a quattro album techno violenti, claustrofobici ed oscuri, per poi reincarnarsi insieme all’amico Karl O’Connor nei British Murder Boys dopo i 2000 ma tenendo sempre un ritmo produttivo elevato e sotterraneo fino all’esplosione mediatica.
Definisco personale il profilo di questo album perché è quantomeno singolare assistere ad un’interpretazione delle sensazioni suggerite dalla vita sulle isole, rapportandosi in special modo al tipoco suono folk delle Hawaii, un suono si malincolico ma morbido e rotondo, aperto, sfrontato e seducente. Child è un occhio esterno che offre una prospettiva differente, raccoglie gli umidi umori della foresta e ci disegna sopra delle onde ferree, dure, che raccontano di un territorio vissuto lontano dalla luce.
Sostanzialmente siamo dentro un disco ambient composto principalmente da onde addomesticate, un flusso sonoro continuamente stravolto rimodulando il sistema e facendo compiere alle macchine un lavoro descrittivo fatto di tanti strati di texture che rilegate insieme danno vita ad una corrente di droni ipnotici. E’ un’esperienza trance quella raccontata da Child, che riesce ad andare in profondità nel suo lavoro di indagine ed a trasmettere con cura certosina quel che è stata la sua esperienza in loco.
E’ un disco che ha bisogno dello stato d’animo giusto per poter trasferire tutta la sua potenza evocativa, ma nel suo genere, un album bellissimo, intenso e razionale.