Incredibile album di debutto per questo che scopriamo essere un duo italiano (romano per giunta) formato da Gianclaudio Moniri e Giuseppe Carlini che incidono per l’ottima Kvitnu Records questo lavoro dal titolo Platforms.
“Platforms” mira ad introdurre un percorso inconscio attraverso il flusso della sua musica.
Ogni traccia è una piattaforma, che se messa in relazione alla vita, è un punto in cui ci si può fermare o ricominciare di nuovo.
Un viaggio costellato da passaggi di visioni sfocate dipinto da messe nere, scenari stratificati, movimenti lenti che costantemente danno la sensazione di esser tradotti in qualcosa di oscuro e profondo.”
Queste le note a margine che rendono alla perfezione la portata del lavoro. I Plaster si muovono in quel delicato e pericoloso mondo che è la sperimentazione sonora con la maestria di due scienziati. Il loro parco sonoro è a livelli di rifinitura importanti ed anche l’approccio compositivo mette in luce scelte molto coraggiose come quelle degli inserti vocali (ultra effettati) e della selezione di suoni ed atmosfere apparentemente distanti tra loro.
La loro musica viaggia in un binario parallelo alla realtà, partendo subito complessa con le basse frequenze di “Component” un brano acido e crepuscolare dove intervengono strati di micro-elettronica aliena ed a condurre il gioco è il suono di quella che potrebbe sembrare una chitarra elettrica suonata da Satana in persona.
“Structure” ci conduce invece in un universo in latex dove la perfezione scientifica gioca il suo ruolo in una serie di incroci tra veleni elettrici, noise e partiture ritmiche metallizzate. “Iperstatic” è una nebbia fitta dalla quale emergono fioche luci e piccoli segnali di speranza contrapposti al malvagio sali/scendi di un’oscuro tappeto ed alla finale, maledetta incursione vocale.
“Intersection” è uno strano fungo melodico caratterizzato da un’eco su delle note di piano e da una serie di bordate elettriche che simulano una disperata richiesta d’aiuto fin quando quelle isolate note non diventano una composizione più complessa ed estremamente emozionante. Un incredibile lavoro tra un apparente side acustica ed il raffinato background elettronico.
“Double Connection” è una lunga suite che ricrea la visione di una città industriale di un tempo a venire, una notturna passeggiata in periferie desolate e sconnesse. “Rearline” accentua i toni in una sorta di groove robotico sovrastato da strati di materia non identificata e schegge di metallo.
Chiude il tutto la minacciosa “Trasversal”, un brano di incredibile funk alieno che chiude il cerchio intorno ad un disco con una struttura complessa e curatissima e ad un suono così futuristico da non sembrare umano.
Chiudetevi nelle stanze dei Plaster!