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Greatest Pills /

Khan & Walker Empire State Building

  • Label / Harvest
  • Catalog /
  • Format /
  • Released / 1997
  • Style / , ,
  • Rating /
    10/101
Khan & Walker
Questa è la strana storia di  Can Oral (fratello del più noto Cem) ed Ingmar Koch (metà Air Liquide), due artisti che hanno avuto visibilità underground grazie al progetto Global Electronic Network pubblicato verso la metà degli anni ’90 dalla Mille Plateaux, una delle label più importanti per quanto riguarda la techno sperimentale ed i primi vagiti Glich.

Una storia che li vede però artefici di un oscuro progetto dal nome Khan & Walker, pubblicato incredibilmente da una major come la Harvest (costola della EMI) che conta tra le sue fila gente come Pink Floyd, Deep Purple e gli Scorpion, ma che sul finire degli anni ’80 decise di rigenerarsi in qualcosa di nuovo pubblicando mostri sacri come i Future Sound Of London e proprio gli Air Liquide.
A dire il vero sia i FSOL che gli Air Liquide qualcosa concessero, una piccola apertura forse incoraggiata da qualche manager o forse soltanto dettata dal timore, non che fossero dischi di natura commerciale, tutt’altro, ma era molto più esplicita una parte melodica maggiormente appetibile.

Khan & Walker invece si presentarono con un primo album dal titolo Radiowaves che già lasciava trasparire le intenzioni malefiche del duo, quelle di dar vita ad una techno intrisa di tonalità acid e fortemente propensa alla psichedelia.

E se questo primo esperimento riuscì in parte, il successivo Empire State Building sancì la definitiva consacrazione di un suono circolare dalle sfumature assolutamente entusiasmanti.
Un concept album diviso in tre parti dove tutto si sviluppa intorno ad una bassline rotonda ed infinita, lasciata rotolare per l’intera distanza ed incalzata di riverberi analogici d’accompagnamento che conferiscono alla struttura quell’incedere psichedelico lento e cadenzato.
Nel primo solco sono 24 minuti di epica acid affrescata su una struttura downbeat che sembra voler esplodere da un momento all’altro, ma che riesce ad arginare la follia, in una sorta di tensione che non riuscirà mai a dissolversi.

Un lavoro per nulla monotono, questo grazie all’abilità dei nostri nel saper variare le tonalità proprio un momento prima di farci impazzire.

Il secondo solco parte con una cassa techno stabile e potente, quasi subito oscurata dalla crescita di un movimento sempre circolare dato dal bassline e da una lama metallica che ci rade attentamente il viso senza mai ferirci.
Un brano che si evidenzia anche grazie all’inserimento di un drone oscuro che conferisce alla composizione un alone denso e fumoso.

La terza parte è un brano techno-ambient terrificante, cassa ed inserti industriali, vapore, grigiume, scorie e detriti urbani, un’autentica battaglia combattuta con spade ed armature, qualcosa che lascerà pochi superstiti.

Sono molti i dettagli che riescono a rapirti in questo album, c’è un profondo senso di appartenenza al movimento psichedelico, oltre che un uso incredibile delle macchine ed una coscienza techno sincera.
Una gemma che val la pena di recuperare per aver presente come e quanto la techno sia stata anche oggetto di studio per altre forme musicali all’apparenza distanti da essa.