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Greatest Pills /

Scott Edward Distant Horizons

  • Label / Out Of Orbit
  • Catalog / CDOOO1
  • Format / CD
  • Released / 1994
  • Style / ,
  • Rating /
    10/101
Scott Edwards - Distant Horizons

“Il suono di Roma è stato una grandissima influenza per noi di Detroit, talmente grande che la maggior parte della gente non è riuscita a capirlo….Io invece credo di averlo capito bene.
Jeff Mills, estate 2005, Barcellona.”

E’ fuori discussione che si riferisse ad altri dischi, ma chi come noi è cresciuto dentro il vortice romano dei primi anni ’90 ha ben presente cos’è stata Roma, quali segni indelebili sia riuscita a lasciare nelle menti delle persone, quale nostalgia, a volte talmente grande da aver bloccato letteralmente alcuni animi in quel periodo, persone che ad oggi, aimè, riescono a vivere soltanto del ricordo.
E’ cosa vera, potremmo quasi definirlo un movimento.
Non ci trova d’accordo per ovvi motivi, ma riusciamo a comprendere anche loro, perché sappiamo quanto possa essere caratterizzante vivere intensamente la musica, è un rischio al quale molti non si abbandonano, rimanendo in superficie, perdendosi molto, quasi tutto l’ardore ed il trasporto della cosa che più di ogni altra può ritagliarci un lasso temporale nel quale esser completamente soli a liberare la fantasia, a togliere il freno alle emozioni o semplicemente ad accogliere ogni singola nota, ogni singolo battito lasciando che elettrizzi il nostro cuore ed il nostro corpo.

Ricordo con piacere il periodo in cui entrando da Re-mix in via del Fiume, alla richiesta di “un disco con i tappetoni”, Sandro Nasonte senza esitazione sfoderava i vinili di Scott Edward. Lo faceva ancor prima di passare ad Aphex Twin.

Scott Edward era un outsider nella Roma di quel periodo, in che maniera entrò in contatto con Tony Verde è cosa che non ci è dato sapere, la probabilità ci porta a credere che avesse conosciuto dapprima i fratelli D’Arcangelo, magari in Inghilterra per poi “sbarcare” a Roma per far parte di un progetto ambizioso come quello della Out Of Orbit.

Un piccolo passo indietro, ACV, label controversa, istituzione per molti, autentica rovina per altri, comunque sia, un etichetta sulla quale è uscita tanta musica dal valore indiscutibile, su tutti, i due album capolavoro di Leo Anibaldi: Cannibald – The Virtual Language e Muta. Non dimentichiamoci neanche che in quel tempo si compravano ancora i dischi, ed ACV poteva godere quindi di una certa solidità che l’ha spinta a creare un laboratorio sperimentale come la Out Of Orbit.

Ed è proprio su questa piattaforma che dal 1994 al 1996 sono stati prodotti alcuni dei dischi “romani” più belli e ricercati di sempre. A dar manforte alla causa capitolina un personaggio oscuro e sfuggente come Marco Micheli, autore di 4 favolosi, visionari vinili di techno sperimentale, Acid ribollente e perverse arrampicate ritmiche, i fratelli D’Arcangelo, che firmarono 2 vinili sotto lo pseudonimo Automia Division ed ancora gli Olographic State.

Se da un lato c’era questa forte presenza romana a sfoderare un background fatto comunque di ostilità e nervosismo e quindi di un suono duro e violento, dall’oltre manica qualcuno giungeva ad equilibrare i pesi:
Scott Edward Hodgson.

Mentre i vari timbri che gravitavano in Out Of Orbit erano di chiara provenienza techno ed electro, quello di Edward sembrava avere altri natali, quelli dell’ambient o più propriamente della techno che in quel periodo veniva prodotta nel Regno Unito.

Distant Horizons

Distant Horizons segna il momento mistico per eccellenza dell’intero catalogo, rimarrà il primo ed unico album prodotto dall’etichetta romana ed è soprattutto un disco che dopo circa 20 anni mantiene intatta un’integrità visionaria espressa con una cura sul dettaglio attribuibile soltanto ad un grande artista.
Sette brani lunghissimi ispirati al “pianeta rosso”, un viaggio continuamente rallegrato dalle innumerevoli varianti sonore, dalla meraviglia dei pads ambientali dispensati con generosità, rappresentando l’inarrivabile pianeta come un luogo ospitale e forse anche più vicino di quanto si possa immaginare.
“Sailing On Solar Winds”, brano che apre il cd, è l’unico momento techno per così dire regolare, una sorta di accelerazione che dalla terra ci trasporta in orbita fissando la destinazione sul citato corpo ammaliandoci grazie a melodie caldissime partorite da chissà quali synth e dalla morbida avanzata ritmica che nella sua regolarità crea uno stato ipnotico che favorisce senza alcun dubbio l’astrazione della mente.

Il resto è scoperta, visione senza barriere, orizzonti distanti, momento nel quale perdersi. Edwards dipinge con grazia un mondo sconosciuto riuscendo nell’impresa di renderlo familiare, deliziandoci con ogni sorta di dolce orpello, dalle bassline acidule e soavi di “The Sea Of Serenity”, quasi un monumento new age espresso in 10 fondamentali minuti, ai tribalismi in chiave ambient di “Streams Of Consciousness”, qui i sintetizzatori impazziscono fornendo un apporto prolisso incline ad ogni tonalità.
“Shopping In Zero Gravity” è una ballata di beat futuristico, quasi un aperitivo noir perso nelle galassie, xilofono, sample vocali ed atmosfera. “Entering The Nebolous” scivola in luoghi bui sfoderando una ritmica ossea ed articolata immersa in una foschia invalicabile.
“Moving Into Tomorrow” torna techno dove per techno intendiamo un suono senza barriere, aperto e libero di osare ed indagare.

Scopriremo soltanto anni dopo che questa magia non aveva avuto fine, manifestandosi sotto altre forme come Uriel (prolifico progetto dove Edward ha impegnato il suo genio in composizioni future jazz intrise di elettronica e bagliori funk) e Lexx e soprattutto non ci meraviglia affatto venir a conoscenza che l’uomo ha un rapporto d’amicizia con Lee Norris, apice massimo dell’estetica “viaggiosa” made in uk con progetti quali Metamatics e Norken.

Distant Horizons è il punto più lontano dove Roma ha osato operare.