Nasce Antonella Pintus a Sassari, arriva nella capitale e con la ragione sociale di Anna Bolena entra nel circuito radicale romano degli anni ’90 lavorando in prima fila nei rave parties ed alla creazione della fanzine Peti Nudi. Il next step doveva essere la produzione, si getta a capofitto nell’elettronica e negli anni ‘0 mette in piedi la Idroscalo Dischi, label fondamentalmente sperimentale che va alle stampe con un 3×12 intitolato Smash Biotek che vede impegnata gente come i fratelli D’Arcangelo, Marco Micheli, Marco Passarani, Andrea Benedetti, un certo Venetian Snares ed altri ancora. La label prosegue pubblicando altri dischi ma nel 2004 Anna lascia Roma per volare a Berlino dove si stabilisce e pian piano rimette in piedi la Idroscalo.
Riemerge lo scorso anno con un disco targato Fire At Work, ai remix Somatic Responses e di nuovo i fratelli D’Arcangelo.
Ora arriva il suo momento, un album a proprio nome intitolato Bruitphonies, vinile bianco e tre segmenti che in totale fanno circa quaranta minuti.
Anna è in fiamme, chiama Belzebù intimandogli di star calmo e intanto mette insieme un’arsenale atomico in grado di intimidire anche Ahmadinejad. E’ techno nuda e cruda, con suoni di chiara matrice industriale che se ne fottono totalmente degli stili o dei trend. C’è un affondo di cassa micidiale che non bada a spese, sembra di esser tornati ai tempi dei dischi senza paura della PCP, ma qui inoltre c’è una cura nell’evoluzione dei brani che voltano pagina con gran clamore introducendo sempre nuovi elementi come tastiere cosmiche, registrazioni ambientali e cambi di passo che rovesciano il fronte battagliero regalando squarci di pura elettronica d’ascolto.
Il fuoco è però sempre quello di una techno ruvida che fa limite con l’hardcore, ma hardcore lo è in quello spirito anarchico che sprizza da tutti i pori.
Un album coraggioso!