Curiosità 2015, navigavo alla ricerca di informazioni che potessero farmi approfondire la conoscenza di The Detroit Escalator Co. (produttore di Detroit del quale avevo intenzione di scrivere una recensione del suo capolavoro Soundtrack [313]) quando mi imbatto in una bellissima intervista realizzata da Mike G per il sito Ambient Music Guide. Inizio a leggere con avidità il lungo e dettagliato racconto fin quando la mia attenzione non è attirata da una frase che fa accendere il campanello d’allarme:
“On a Friday night at 2am I’d be sitting at my desk in the darkened office, the space illuminated only by the peach-coloured glare of the streetlights beaming through the window, along with the flickering rays from the computer monitor on my desk. Environments: A Collection Of Antipodean Soundscapes [an obscure Australian ambient techno compilation] on the stereo – I’d play that album over and over again.”
Non avevo mai sentito parlare di questa compilation (che facendo al volo i conti, doveva esser stata pubblicata nella metà dei ’90) ed il tempo intercorso tra l’averne appurato l’esistenza ed il verificare su Discogs se ve ne fossero delle copie in vendita ha causato in me uno sbalzo adrenalinico di quelli che solo un collezionista può capire.
Atterro sulla pagina della release notando con piacere la dicitura “4 for sale from…”, uno sguardo veloce ai metadati ed il click sul link che riporta alla pagina di quella sconosciuta label, la Think Communications, per scoprire che ha pubblicato un paio di dischi, due compilation techno-ambient prodotte rispettivamente nel 1995 e nel 1996 e stampate solo su CD. Acquisto i due dischi ed attendo impaziente l’arrivo, due dischi rimasti poi a girare nel mio lettore praticamente indisturbati per tutto il mese successivo all’arrivo.
Avevo bisogno di sapere, di capire, di conoscere, così mi butto alla ricerca di qualche indizio che potesse aiutarmi a contattare i fautori di due perle così pure e nascoste e l’unico aiuto che ricevo dal web è una vecchia intervista rilasciata per 3D World Magazine nel novembre del 1996 e trascritta in una remota pagina del sito spraci.net. Avevo tre nomi: Brett Mitchell, Tim Harrison e Phil Smart, oltre che un paio di risposte che non potevo non condividere in pieno.
Parte così la caccia all’uomo, ma la strada si fa più dura del previsto, i tre sembrano essersi eclissati dalle questioni musicali, ed in più il loro nome è piuttosto comune, così tento il tutto per tutto ed inizio a scrivere a tutti i Brett Mitchell, i Tim Harrison ed i Phil Smart australiani trovati con l’infernale strumento di Zuckerberg cercando anche di scovare connessioni tra i risultati di ricerca. Passano settimane nelle quali tornano indietro messaggi con toni che andavano dallo stupito, lo sconcertato ed in alcuni casi il dispiaciuto, fin quando, circa un mese dopo, arriva la risposta che aspettavo:
“Hey sono proprio io, chi è quel pazzo che cerca informazioni su questioni accadute 20 anni fa?”
Era Phil Smart. Felicità alle stelle, inizio uno scambio di messaggi con Smart, ma dopo un pò sparisce, non riesco a cavare il ragno dal buco. Nella sua lista di amici compare però un Brett Mitchell, parto all’attacco, ma Brett sembra non controllare il suo profilo social. Riesco a trovare il nome dell’agenzia per la quale lavora oggi, cerco il sito, il suo indirizzo email, e partendo con delle scuse gli invio un messaggio. Boom! Brett è molto gentile, anche lui meravigliato, ma estremamente disponibile, al punto da darmi un appuntamento su skype per una bella chiacchierata.
“La label fu fondata da me, da Tim Harrison e da Phil Smart. Io ero nei Boxcar (formazione house-techno-pop nata sul finire degli anni ’80 n.d.r.) ma ascoltavo un sacco di materiale ambient proveniente dall’Europa, robe su Fax +49-69/450464, Rising High e sulla label che realizzò la serie Ambient Dub (Beyond n.d.r.). Così iniziai a scrivere molti brani ambient su quello stile e parallelamente scoprii che altri miei amici stavano producendo materiale di quel tipo. Iniziammo a convincerci che tutta quella musica avrebbe dovuto avere un contenitore che gli desse valore e da lì l’idea della label. Tim era il nostro grafico, lui si era trasferito qui dall’Inghilterra ed in precedenza aveva realizzato cover per i dischi di Jesus Jones, Blur, Madonna ed altri grandi nomi. Avevamo la musica e le grafiche, poi, grazie a dei nostri amici della DigiDesign riuscimmo ad avere accesso ad un sistema ProTools dove masterizzammo il tutto per poi mandare in stampa.”
Eravate a conoscenza di quel che stava accadendo a Detroit o a Londra con la techno?
“Certamente! Ti dirò di più, noi eravamo dentro le questioni elettroniche già da molto tempo prima con i Kraftwerk, poi con i Front 242, Nitzer Ebb…e tutte quelle cose li, inoltre, con i Boxcar ci inserimmo nel pieno del periodo House, era il 1988 quando uscì il nostro primo singolo ed arrivò nella top ten di Billboard! Eravamo veramente consapevoli di quel che stava accadendo a Chicago, Detroit…in UK ed anche in Italia.”
Sai che a Roma c’era una grandissima scena sperimentale in quegli anni? Gente come Lory D, Leo Anibaldi e moltissimi altri ancora…
“mmm non ricordo questi nomi, ero invece a conoscenza di cose come Sueno Latino o anche Gino Latino.”
Tornando alla label…come mai avete realizzato due soli cd per poi chiudere il progetto?
“Lanciammo la Think Communication nel 1995 e quasi parallelamente anche la Thunk, questa seconda fu molto più grande, con un sacco di uscite, un distributore europeo, parecchi dischi venduti e molte recensioni sulla stampa europea. Penso che molto semplicemente il lavoro per la seconda label impegnò tutto il nostro tempo regalandoci anche belle soddisfazioni e di conseguenza accantonammo il primo progetto…Ma credo a te interessi proprio quello, chiedimi tutto quello di cui hai bisogno.”
Esatto, volevo chiederti in che maniera avete lavorato alla stesura dei brani ambient e qual’era il tuo/vostro setup all’epoca.
“Ognuno aveva il suo studio, fondamentalmente lavoravamo nelle nostre camere da letto. Ricordo con precisione tutto ciò che utilizzavo, ovvero un Casio FZ1, un Akai AX 60, l’Oberheim Matrix 6, un Akai VX 90, l’Ensoniq DP4 ed un mixer Samson. Un setup molto basic e più o meno eravamo tutti messi alla stessa maniera.”
Siete tutti di Sydney?
“Yes, all in sunny Sydney! Ricordo che in quel periodo c’era una scena dance incredibile ed un sacco di gente interessata alla musica elettronica, in specialmodo c’era molta richiesta per musica da ascoltare dopo esser stati nei clubs, e le nostre compilation furono accolte con gran calore da tutti!”
Grazie Brett, sei stato veramente gentilissimo!
Grazie a te per questa inaspettata opportunità! Ancora una cosa…Ho parlato con Tim, ti invierà un pack con tutte le grafiche realizzate all’epoca. Lui oggi vive in California, è stato Creative Director all’Apple Design Studio di Cuppertino dal 2003 al 2011. Lui ha passato molto tempo con Steve…
I due Enviroments furono pubblicati con un packaging molto elegante, un classico jewel case con le grafiche differenziate fondamentalmente dai pantoni scelti. Il primo color bronzo, il secondo un blu acquamarina. Tipografia curatissima, tutto racchiuso in un design ultra-minimale.
Grazie a Brett abbiamo ottenuto il permesso di caricare in streaming entrambi i dischi nella loro versione integrale, trovate i rispettivi player al termine di ogni recensione.
Il primo CD, Environments – A Collection Of Antipodean Soundscapes, contiene dieci brani, immaginate lo stupore nel constatare di non conoscere nessuno degli artisti listati, elemento che mi ha fatto riflettere sulla totale mancanza di informazioni circa la scena australiana di quegli anni, probabilmente oscurata da quanto stava accadendo negli stati uniti ed in Europa, ma soprattutto su quanto in quegli anni le distribuzioni fossero un anello imprescindibile della catena che potevano determinare o meno la diffusione di un prodotto.
Dieci brani dicevamo, una grandissima raccolta di atmosfere dettagliate, cinematiche, oscure. Tutto ha inizio con Saturation Point, un brano firmato Altitude (lo stesso Brett Mitchell n.d.r.), circa dieci minuti di meravigliose melodie ambient fluttuanti, con un drone oscuro nei sotterranei ed un corredo di suoni dark/spaziali di gran pregio, musica per sognatori intergalattici che dopo il terzo minuto scioglie i cuori con un incrocio melodico intenso ed emozionante. Ora immaginate ascoltare questo brano a Detroit in piena notte, e chiedetevi da dove arrivino i capolavori di The Detroit Escalator Co…
Passive di Sapien Trace aggiunge speziature trance e ritmi ancestrali in un crescendo onirico e maestoso. Crystal Lattice di Qpod è una cascata di cristalli su gorgoglii sintetici e corone di pads. Magical Thinking gioca su chords pizzicate e droni sfocati creando una contrapposizione bilanciatissima. Believe (Rethink) di Bulb è una scia luminosa con un synth portante che guida la scena mentre un montante cosmico sotto Schultze sembianze alza i toni cercando il cielo. Pygmy è un battito pulsante sul quale si sviluppano correnti abstract, suoni sinistri ed una melodia di quello che sembra un flauto effettato che tramuta tutto in una magia etno-ambient da pelle d’oca, Goa ringrazia. Demark At Tenagra è techno in acid-trance fattanza, con i bassi a spingere nelle profondità e l’acido che scorre indisturbato. Submit (Excerpt) vira in un robot-ambient con un vocal vocoderizzato ed un synth acidulo a stridere sulla convulsa base. Ice Flowers è un mantra notturno con gli spiriti ad evocare twin peaksesche storie e The Chess Game chiude il tutto con un ipnotico arpeggio di metalli che scivolano poi in un antro dove a regnare è l’oscurità.
L’anno seguente i nostri fanno uscire una seconda compilation: Environments 02 – Antipodean Armchair Travel, questa volta i brani sono dodici, e la formula replicata in pieno, con un nuovo entusiasmante viaggio nelle pieghe più profonde dell’elettronica.
Apre ancora un brano di Altitude, Dog Travel (Pt.1) ed inizia con sinistri riverberi che accolgono una melodia crescente, il tutto dentro una bolla di nebulose ambient. Depth Pilot di Glyph è un magico arpeggio sintetico su una distesa di note di piano, poi il ritmo spezzato che irrobustisce la stesura in un viaggio ipnotico di sette minuti. Cry di Head Affect è una influenza Orb in corpo Namlook, evolve in una maniera pazzesca, con un gioco di campioni vocali che circondano una delle melodie più belle mai sentite in ambito ambient. Sydney Park di Screensaver è un esperimento oscuro, un corpo dub roboante sovrastato da field recordings, un mood che racconta i quartieri più malfamati di una città nel pieno della notte, ambient isolazionista. Sex In The Morning di 5000 Fingers Of Dr. T è la colonna sonora di una saga spaziale, con le note centrali spesse e dilatate e un magico innesto di sonorità siderali che condiscono il tutto. Luminous è un favoloso techno-dub tribale che torna a riabbracciare Goa in quell’estetica trance che cerca il naturale movimento del corpo. Cv Siren ne è il degno proseguo, ancora un’indecifrabile corpo dinamico tra techno-ambient-dub e trance con un tiro melodico maestoso e carico di tensione. Refraction di Qpod è carica di reverberi sottomarini che ondeggiano su un basso ultra-corposo. Zeitraffer di Glyph sembra voler far riatterrare la navicella, il suono torna calmo ma sempre sinistro ed oscuro, ancora grandi pads, melodie eteree che vanno incontro al crepuscolo. Subduction ne raccoglie le ceneri guidandolo nella notte più scura. Dog Travel (Pt.2) è un nuovo risveglio, con il groove a rullare ampio, i toni in paradisiaca parata, tutto sembra svegliarsi di nuovo, è mattino e torna caldo e dorato il sole, accompagnato verso la chiusura dalle note silenti di Eliminated, che smorza di nuovo quella calda euforia in un finale dove tutto torna a ricomporsi per chiudere un ciclo sonoro ammaliante, ricco e marmoreo.
Entrambi i cd vennero ristampati nel 2001 dalla Thunk Recordings in un cofanetto che li racchiude entrambi, musica che per spessore, qualità ed idee non dovrebbe mancare nella collezione di ogni amante di sonorità techno-ambient, oltre che un documento sonoro imprescindibile in grado di definire ulteriormente la mappatura del suono elettronico mondiale.