Musica interiore, quasi viscerale. Difficile da ascoltare. Talvolta ai margini degli interessi del pubblico medio. La ristampa di un piccolo grande album, “Bioritmi” (2015) di Egisto Macchi, rientra in una simile casistica. Appartiene, infatti, a un genere di sonorità che non hanno conosciuto particolare fortuna quando rilasciate in vinile per la prima volta né, tanto meno, hanno mai solcato le patinate classifiche dei dischi più venduti o chiacchierati.
Raro e, soprattutto, invisibile per anni, “Bioritmi”, stampato in origine della Gemelli (1971), è tornato sugli scaffali, purtroppo in maggioranza virtuali, dei negozi grazie al prezioso lavoro di remastering dei nastri originali curato da The Roundtable. L’etichetta australiana non è nuova in questo genere di imprese, perché già impegnata con recuperi simili per lavori di Berto Pisano, Ennio Morricone e il Gruppo D’Improvvisazione Nuova Consonanza.
Registrazioni da scartare fino a prova contraria. O da salvare sia dall’anonimato che da una patina d’inevitabile polvere. Le opere del prolifico compositore italiano, scomparso ormai ventiquattro anni fa, sembrano essere tornate in auge e godono ora di una rinnovata curiosità. Librerie musicali di uno spessore notevole, per nulla anacronistiche, forse solo poco appariscenti, perché slegate dal business legato alle più redditizie colonne sonore.
La carriera di Egisto Macchi non è stata alla luce del sole come quella del suo amico, e rivale di scacchi, Ennio Morricone, ma è costellata di momenti alti. Seppur distribuite in poche copie e destinate a radiodrammi, cortometraggi o serie tv, le sue produzioni si sono spesso distinte per l’alto tasso di sperimentazione espresso in note sul pentagramma. Come nel caso di “Bioritmi” di cui, però, risultano ancora incerti i motivi della realizzazione dell’opera.
Le bizzarre ma accurate note di copertina, scritte dallo stesso compositore per ogni singola traccia dell’album, lasciano presagire l’ipotesi di un loro utilizzo per un documentario a carattere scientifico o, comunque, a scopo educativo. L’intero impianto di “Bioritmi” potrebbe, inoltre, essere stato composto e registrato come una sorta di unica suite. Da ascoltare con attenzione per i suoi ritmi circadiani, le corde pizzicate, movimenti microscopici e risonanze a sciami.
Un linguaggio artigianale per riflessioni notturne le cui solide basi poggiano su abilità compositive, elastiche virtù e melodie spartane. Da preservare. L’avanguardia secondo Egisto Macchi è stata resa suono attraverso brani meticolosamente scolpiti che spaziano tra astrazioni, interludi e improvvise accelerazioni. Pura imitazione delle azioni involontarie del corpo umano, tra circolazione e respirazione, o intriganti analisi di paesaggi batterici da osservare al microscopio.
Il lato A offre in apertura Batteri, ottimo esempio di meccanica applicata alla biologia. Il violoncello, il violino e il glockenspiel. Una sottile ma insistente percussione, differenziata nel ritmo nel timbro, scandisce sia la vita vegetale che quella di apparecchi elettronici. Più energica Iperitmia, con i suoi incisi della batteria, degli archi e del pianoforte preparato, come una macchina da scrivere, per esasperare cellule ritmiche esposte all’inizio dalla viola e riprese poi dagli archi.
Con Microscopia, timbricamente variato e ritmicamente adatto a situazioni di suspence, Egisto Macchi continua a ricorrere in modo inconsueto agli strumenti classici. L’ennesimo pezzo insolito, studio sublime di mondi in miniatura. A causa della sua struttura quasi matematica, Automaticità, invece, riserva toni più freddi. Una sorta di canone ritmico fra percussioni, quartetto d’archi e ancora pianoforte preparato, ideale per esaltare calcolatori, centralini e oggetti cibernetici.
Il lato B riparte con la seria Valvole Cardiache, diretta imitazione dei battiti cardiaci e, per estensione, degli apparecchi utilizzati nelle varie branche della chirurgia e della medicina come, ad esempio, gli elettrocardiografi e gli encefalografi. Le percussioni al servizio dell’immaginazione. Più spiritosa e agile la successiva traccia, Laboratori, scandita dal rumore dei flaconi e delle provette riprodotto in un ambito dominato dall’incessante operosità di macchinari.
Degno coronamento di “Biortimi” la conclusiva Peristalsi. È l’ultimo drastico richiamo a quei movimenti corporei interni e a tutte le attività che si svolgono in campo clinico, utili per lo studio dell’apparato umano. Impulsi inquietanti, tormentati o stridenti, il fagotto, sentori transitori e un ritmo ridotto improvvisamente all’osso. Validi e ineluttabili i motivi per riscoprire Egisto Macchi, vissuto troppo a lungo nell’ombra, e i suoi curiosi simulacri sonori.