Il native newyorchese Gunnar Haslam ci presenta il suo secondo album prodotto al solito dalla L.I.E.S. di Ron Morelli, label che dopo un incredibile exploit iniziale ha forse peccato una presenza massiva che in alcuni casi è andata a discapito degli iniziali intenti, rilasciando nel tempo molti dischi purtroppo trascurabili.
Non è il caso di questo Mirror And Copulation, un album eclettico e rischioso. Eclettico perché da sfoggio di generi e tecniche produttive diverse tra loro, rischioso perché il rischio, proponendo lavori così eterogenei, è quello di perdere il filo del discorso facendo sembrare un album come una compilation assemblata male.
Ed è proprio prendendosi il rischio invece che questo insieme riesce a suonare coeso, mostrandoci al meglio tutto il ventaglio stilistico del quale Haslam sembra saper domare le furie. Rispetto all’album di esordio, Mimesiak, il parco suoni ed anche il concetto alla base sono totalmente differenti, mentre il primo ci aveva meravigliati con il suo suono house intriso di tribalismi e psichedelia, in questo nuovo lavoro ci sono tanti elementi di rottura, a partire dal primo, splendido brano Meter me By Sybil, un delizioso viaggio cosmico a cavallo di un arpeggiatore lasciato libero di liberare le sue onde, un suono acquatico con una melodia di fondo avvolgente e calorosa, un pezzo, nella sua semplicità, bellissimo.
Ma la regia cambia subito soggetto, in Ajapajapam (Version) infatti è il suono della TB-303 ad uscire fuori prepotente, vorticando su se stesso per poi aprirsi su una base ritmica downtempo e scivolare incontrastato per tutto il tempo. La successiva Brahmaputra torna a puntare sulla melodia e con l’utilizzo di poche note riesce a definire un brano ambient dolce ed elegante. Camare Aperte chiude il primo lato che si assesta fondamentalmente su un suono ambient e chiude con questa lenta movenza elettrica intrisa di vapori dub.
La b-side apre con Incidental Magnetics e più o meno riprende dalle ambientazioni futuristiche avvertite nella chiusura del primo lato, qui con un piglio maggiormente cinematico dato anche dalle registrazioni vocali che fanno da sfondo al brano. Cloud Castle Lake è il primo vero e proprio brano dance, Chicago è l’influenza, siamo in zona house-trax con la TR-909 a battere alta mentre il costrutto è reso ostico da synth scuri ed una progressione a mio avviso non del tutto riuscita.
Nameless è ancora altro, è un brano ambient che ricorda vecchie cose sulla FAX, c’è la bassline, c’è un martello ritmico loopato ed onnipresente, ci sono altri strati elettrici ed il tutto sta insieme divinamente a ricordarci che sono forse questi i momenti nei quali Haslam da il meglio di se in questo album. In chiusura un brano psichedelico di gran qualità che mette insieme tutti gli umori avvertiti durante l’album, difficilmente catalogabile perché è ritmico ed ossessivo ma atmosferico e complesso nella stesura, cambia stato passando da momenti spirituali ad altri più meccanici, un gran bel pezzo insomma.
Nel complesso un bell’album, maggiormente riuscito nell’assemblaggio del primo lato, con qualche sbavatura sul secondo, ma sicuramente, con momenti di grande musica.