Sembra aver fotografato con precisione il tempo la Music From Memory, un’istantanea della vita adesso.
Quattro album in poco più di un anno, dischi ripescati in un passato del tutto dimenticato ed anche all’epoca poco recepito, tre autentici capolavori che pubblicati di nuovo in questi anni sembrano figli concepiti al momento giusto, da quel primo numero di catalogo, Leon Lowman, che con il suo funk sfuggente ed elegante aveva sorpreso ed incantato, passando per le emozioni liquide di Gigi Masin ed arrivando alle saline sensazioni della musica di Joan Bibiloni. Chiede di esser collezionata questa musica, di esser amata e ricordata, ma soprattutto sa ricambiare, poggiare la puntina sui solchi di questi dischi significa venir investiti dal tormento, da sensazioni variopinte che messe insieme dipingono un’estetica coesa capace di raccontare gli intenti stessi della label.
Non sapevamo cos’altro aspettarci, attendevamo un nuovo album tenuto in caldo per anni da Abel Nagengast, Jamie Tiller e Tako Reyenga, le menti dietro al progetto, tre instancabili collezionisti che hanno saputo cesellare ogni singola scoperta per tracciare un cerchio perfetto intorno ai loro ideali musicali. Collezionare e ricercare musica significa sostanzialmente sapersi affidare al caso. L’esperienza, la conoscenza e l’istinto sono fondamentali, ma l’attimo, la sorpresa, la coincidenza anomala determineranno quella meravigliata, a stento trattenuta gioia che solo i collezionisti possono capire.
Ed è stato proprio il caso a dar vita a questo quarto disco, per la prima volta un album inedito, composto a sei mani durante un fine settimana dell’aprile di quest’anno da Gigi Masin insieme a Jonny Nash e Young Marco, ad Amsterdam, dove i tre musicisti si sono chiusi in studio, registrando sessioni in presa diretta, senza aver prima concettualizzato nulla.
Di Masin abbiamo imparato ad amare ogni cosa proprio da quel Talk To The Sea che ha rappresentato uno dei momenti in musica più alti dell’anno, Jonny Nash è uno spirito libero, autore, insieme a Tako, di quel grandioso Ep pubblicato come Sombrero Galaxy per la ESP Institute, e da solista, di un ottimo album per la giapponese Snaker, mentre Young Marco è salito alla ribalta con una serie di Ep e con l’apprezzato album Biology sempre per la ESP Institute.
Insieme hanno lasciato spazio alle emozioni, suonando quel che l’atmosfera intorno e gli stati d’animo andavano a suggerire. Era il 31 luglio quando dall’account Youtube della Music From Memory è stato pubblicato un video intitolato Impossible Island. Un’immagine con tre figure sfocate in copertina, poche delicate note di piano, una percussione lenta, il suono di un fender ed ancora una chitarra a trasmettere un calore talmente intenso e familiare da esser il miglior biglietto da visita per annunciare la nascita del progetto.
Emozioni amplificate su tutta la durata, perché Clouds (questo il titolo dell’album firmato dai tre sotto lo pseudonimo Gaussian Curve) è un’isola incontaminata nella quale si respirano i profumi della primavera e dell’estate, inebrianti effluvi musicali dove ad incontrarsi sono note romantiche, percussioni delicate e taglienti affondi di chitarra elettrica in un compendio di immagini, toni e sensazioni illustrate con la semplicità di chi l’ha sempre fatto insieme. E’ un disco ambient che sembra aver assorbito sia le pulsazioni diurne che quelle notturne, queste ultime meravigliosamente rappresentate nei brani in cui affiora anche il suono della tromba. Difficile azzardare accostamenti, perché è una musica che nella vista d’insieme sembra aver trovato un linguaggio comune ed autoctono, mentre nei dettagli sono intercettabili ispirazioni di varia natura, dall’estetica jazz nordica ai sapori speziati di Wally Badarou all’eleganza melodica di Sade per arrivare all’avvolgente tepore della musica di Herb Alpert.
Non c’è medicina migliore per chi nel cuore dell’inverno avverte incombente il bisogno di rifugiarsi tra le braccia di un confortevole tramonto pastello.