Album di spessore unico per creatività, intensità e qualità compositiva questo Z firmato da Cummi Flu, pseudonimo dietro il quale si cela il fuoriclasse belga Oliver Doerell, già metà degli Swod su City Centre Office, poi in gruppo con i Dictaphone ed ancora in formazione con il progetto Raz Ohara And The Odd Orchestra.
Coordinate che servono soltanto a farci capire il raggio d’azione dentro il quale si è mosso fino ad ora, ma che alla luce di questo album perdono ogni valenza perché la natura della musica contenuta in questo disco punta verso un altrove distante un abisso.
Potremmo definirlo come un disco di psichedelia acida africana, il che renderebbe abbastanza verosimile il contesto, perché il tutto viene svolto intorno ad un epicentro tribale assemblato in territori digitali. Afrofuturismo? Eccoci al punto, perché se l’ossatura è un mantra percussivo messo in sequenza in maniera che possa rendere un risultato ipnotico/trance, tutti gli altri elementi tirati in ballo, e parlo di voci isolate, canti, battiti di tamburo, sintetizzatori sinistri o secchi frammenti elettrici sembrano voler destabilizzare quell’ordine ipnotico di fondo per render viva una sorta di anima folk in widescreen.
E’ impressionante una certa assonanza con il Portable di Ciclyng nel Brano Gulabigang, vero puzzle sonoro nel quale sono messi insieme disparati frammenti di suono con una grazia ed una leggerezza unici. E’ come se l’artista avesse smembrato completamente dei pattern provenienti da disparate fonti sonore per poi operare una minuziosa ricostruzione tematica, dove il tema è senza alcun dubbio l’Africa, con il suo ritmo primitivo, le sue paure ed incertezze, la sua capacità di stravolgere le regole e di adattarsi a contesti non del tutto ospitali. Un disco speciale.