L’austriaca SVS records si conferma ancora una volta come giovane etichetta capace, però, di dare vita a piccoli gioielli nascosti che spaziano nei territori più rarefatti della techno.
Dopo i tre dischi “Polyrhythmic series” e un bellissimo lavoro di Maxim Wolzyn, Intercity Express, è stato recentemente rilasciato un disco che ricompone ed esemplifica la produzione di un interessantissimo artista tedesco: Zaquoir. Qualcuno fra i lettori di questo sito se lo ricorderà per il podcast che abbiamo già pubblicato qui.
Il disco, intitolato Asino Sardo, non tradisce le aspettative di chi conosce il sound dell’etichetta ma soprattutto le produzioni nell’area tedesca degli ultimi anni. Zaquoir è tra l’altro originario di Leipzig, città che si sta sempre più confermando come uno dei centri più interessanti di ricerca sulla musica elettronica – e non solo – e fra i tedeschi sono in molti a considerarla la “seconda Berlino”.
Anche se forse è presto per tirare le somme, possiamo certamente dire che Asino Sardo testimonia pienamente la ricchezza di tale processo.
Si tratta di un LP in cui Zaquoir ha condensato i frutti di una lunghissima produzione, nell’arco di tempo 1998-2014. I dodici brani che la compongono però si susseguono fluidi e dinamici e sembra che uno dei lavori più ardui della produzione, cioè la selezione del materiale, sia stato risolto brillantemente. Lo stile di questo artista è decisamente poliedrico, con uno spaziamento ritmico che va dai 100 ai 180 bpm, in cui il concetto di musica e di soundscape in qualche modo si fondono. L’effetto che ne nasce è, naturalmente, non proprio scontato. Mescolare fra loro elementi cronologicamente eterogenei come questi significa, perlomeno nell’ambito dell’elettronica, avere innanzitutto a che fare con veri e propri vis-à-vis tecnologici.
Niu, ad esempio, è un brano del 1999 che esprime fortemente il suono acerbo ma densissimo tipico dei lavori home made analogici che si potevano realizzare solo in quel periodo, con un computer, una buona scheda audio qualche macchina ed una grande determinazione.
Ad affiancarlo, però, compaiono brani di grande maturità tecnica e di totale contemporaneità, in cui la produzione è ridiventata totalmente digitale.
Il grande fascino di questo lavoro, dunque, è innanzitutto dovuto al continuo rimestare suoni e colori analogici con produzioni digitali; oltre a offrire un ascolto trasversale dei prodotti di diverse piattaforme musicali, dagli anni ’90 ad oggi.
Anche per quanto riguarda la sostanza del contenuto vero e proprio il disco non lascia a bocca asciutta. Zaquoir ha saputo coniugare un gusto spiccato per il gioco e per la frammentazione ritmica con un portamento coerente e solido, a cui viene aggiunto un sapiente uso di molti campioni sonori pescati nelle esperienze quotidiane dell’artista. Ecco quindi suoni estremamente affettati e compatti che si stratificano e si diradano a seconda delle esigenze dinamiche delle composizioni: è il caso in particolare di Yiee, ma lo stesso principio vale per l’intero disco.
L’approccio dei brani è comunque sempre piuttosto minimale: si tratta di un lavoro in linea con il sound nordeuropeo degli ultimi anni, che ruota attorno a territori ipnotici e, in questo caso, presuppone anche l’impianto di base del krautrock.
Una perla del disco è, a mio avviso, Envelopin. Ascoltandola non si può evitare di pensare ad alcuni grandi maestri dell’ambient techno, in particolare µ-Ziq. La linea di basso, però, giunge a spiazzare le aspettative e crea un movimento ritmico che invece presuppone una distanza temporale da questi ultimi, avendo interiorizzato il sound del nuovo millennio in maniera evidente. La stessa cosa si può dire per Se Zwei, in cui traspaiono alcune strizzatine d’occhio alla grande acid house londinese dei primi anni ’90.
Zaquoir ha certamente messo a segno un centro, confezionando un disco bellissimo che può essere ascoltato decine di volte, senza che perda mai un solo grammo della texture sonora che lo rende tanto interessante.