Se dovessi scegliere un brano, uno solo, che mi ha strappato il cuore dalla cassa toracica negli ultimi mesi, questo è senza dubbio Asteroid di Donnacha Costello. Perché vi starete chiedendo? Perché è un brano estatico, romantico, cinematico, ipnotico ed insieme violento e spietato ed in tutto questo riesce ad essere estremamente semplice. È il sogno che insegui da una vita, è il paradiso che arriva quando meno te lo aspetti e rappresenta in tutto e per tutto l’esser artisti. Non produttori, artisti.
Donnacha Costello ha sempre prodotto musica sopraffina e con uno spiccato senso della misura, uno che il groove lo conosce bene. come pure la melodia.
Ricordiamo tutti con grande affetto quel bellissimo album che è stato (e che tuttora rimane) Together is the new alone per la Mille Plateaux, ma soprattutto teniamo bene in mente la lezione groovistica minimale intrapresa con la serie di Ep della per la sua Minimise. Un profilo tenuto sempre basso, fuori dal chiacchiericcio, lontano da mille cazzate, un produttore che con la musica ha un rapporto profondo, sincero.
Questo album ha avuto una gestione lunga e tormentata, l’ho acquistato non appena ho scoperto la notizia, mesi fa, ed è giunto nella sua forma fisica soltanto da pochi giorni. Mancava da cinque anni un album di Costello, ed infine eccolo arrivare, limpido, semplice, toccante.
“Tutti i pezzi di quest’album sono stati registrati live con un Buchla Music Easel e due effetti a pedale. Non ci sono sovraincisioni ne looping, solo registrazioni dal vivo. Naturalmente l’equipment o le tecniche di registrazione non sono mai il vero valore dell’album ma credo sia bello far conoscere anche questi aspetti.”
Sette i brani, un colloquio aperto con il tempo, o meglio con il momento, con le emozioni che passano davanti gli occhi come lo sguardo proiettato sul finestrino di un treno in corsa. E’ un album dove la ripetizione è una costante che modula la sua intensità, le sue frequenze ed il suo aspetto melodico seguendo proprio l’umore dell’artista.
A grandi linee diremmo ambient, di quello si tratta: variazioni tonali, psichedelia, ipnosi e profonda conoscenza della narrazione, a partire dal primo brano Niigata Moment, fino ai cinque minuti finali di Unconditional ci ritroviamo a fluttuare tra queste sinuose sinusoidi, trasportati dal calore del suono, sorretti dalla forza delle stringhe, solleticati dal fluire degli arpeggi, un disco di emozioni solide come il marmo, con un picco assoluto in quel capolavoro senza tempo che è il già citato Asteroid, punto nel cosmo dove ogni cosa trova magicamente il suo posto e dove il cuore non resiste, esce dal corpo, vola via. O come più prosaicamente suggerisce l’artista proprio nel titolo dell’album, un amore che viene dalla polvere.
Il costrutto dei brani è più o meno sempre lo stesso, ovvero una ripetizione infinita di un accordo madre, tecnica che confà splendidamente all’estetica minimalista di Costello e che riesce con pochissimi elementi a dar vita ad emozioni tanto grandi da suggerire di volta in volta scenari completamente differenti, da pastorali scenari bagnati d’oro e caldi come la musica dei Boards Of Canada a notturni soliloqui blu come la notte che rimandano al miglior Namlook.
Un album che è un ulteriore balzo in avanti nella discografia di un artista che ha sempre tenuto fede al proprio credo, facendo evolvere la sua musica in quella idolatrabile forma che può dirsi soltanto arte.