Sull’ ammaliante mondo dei mari del Sud, attraverso i venti e le coste delle isole dell’oceano Pacifico nasce Fratello Mare. A questa riva in vista della quale approda Mike Cooper dopo una circumnavigazione a tratti convulsa di questi atolli con laghi centrali, poggiati su altipiani vulcanici e sfumati da barriere coralline si aggiunge l’influenza del vibrafonista americano Arthur Lyman nato nell’isola Oahu delle Hawaii a cui piaceva molto vivacizzare i propri arrangiamenti jazz con strumenti esotici di diverso tipo e materiale.
La Room40 a circa due anni dal concepimento di “White Shadows In The South Sea”, altro viadotto che percorre l’Oceania, si fa portavoce di undici brani in cui il suono non forzato dall’agire in una maniera dipendente dall’ esistenza umana, trova espressione tramite field recordings ed effetti registrati in quei posti incontaminati raggiunti dal compositore. Campionature che richiamano il respiro dell’oceano dal polo nord fino al polo sud attraverso le correnti convettive del vento.
In notes from My Pacific Log il rumore dei materiali che urtano l’uno contro l’altro è alternato a delle percussioni che traggono il ritmo dalle proprietà degli elementi naturali.
Secret Mexican Beach attraverso sinuosi riverberi e tonalità dai tratti ampi e lenti che appaiono più cupi lascia intravedere un leggero richiamo al desiderio lontano che sta cercando le sue armi per concretizzarsi. In Complicated sky le percussioni tornano ad essere più veloci fino ad arrivare ad intensità costante quando si legano ad una melodia con eco. Un’immersione all’ interno di atti di lap steel guitar, gesti ed eventi specifici vissuti con piena convinzione e presunta partecipazione.
Fratello Mare, come uno specchio, riflette le immagini del regista Folco Quilici in uno dei suoi film/documentari la cui entità è stata chiamata nello stesso modo.
Un’elaborazione da parte di entrambi proveniente dalla stessa fonte e diffusa tramite mezzi differenti.
Probabilmente oltre ad una fonte d’ispirazione anche un’esperienza.