Ritorno al passato. Dal remoto spazio a trent’anni fa. Al volante di una novella DeLorean siede un pilota d’eccezione, l’esperto Giovanni Damico, in arte G-Machine, autore di un suggestivo viaggio interstellare: “Primo Contatto” (2015), rilasciato da Bordello a Parigi sul far della scorsa estate. Un album dalle scanalature funk, forse da retrodatare, ma da tramandare inevitabilmente ai posteri.
Sin dall’infanzia sono legato al sound disco/italo/boogie degli anni ’80 ma, fino a dodici mesi fa, non ero riuscito a trasporlo in qualcosa di valido, perché mi mancava una strumentazione ‘autentica’ per tali sonorità. Soltanto dopo aver collezionato un po’ di oggetti vintage sono riuscito nell’intento e “Primo Contatto” è il primo risultato di questo recupero.
Le tracce dell’album sono state concepite con il medesimo feeling e appartengono a un primo ‘mucchio’. Ho utilizzato una strumentazione d’epoca per conferire autenticità al sound. Tutto è cominciato da una drum machine ereditata da mio padre, comprata trent’anni fa, la Korg DDD-1, a cui ho aggiunto Yamaha RX5, Roland 707 e vari synth come il Siel DK80 e Yamaha DX7.
Il corposo lavoro dell’artista campano – con una ventina di release alle spalle, noto anche come Ron Juan e titolare della White Rabbit Recordings – assume perciò i tratti di un vero e proprio balzo temporale descritto con dovizia di dettagli sonori e tanta passione, opportunamente instillata in otto scintillati tracce. Un crimine intergalattico non diffonderle nell’etere di uno o più pianeti.
Raccolti i frutti di alcune sperimentazioni, mi serviva una label ad hoc per confezionare una buona release e Bordello A Parigi sembrava quella che più di tutte avrebbe potuto apprezzare le mie sonorità. Fortunatamente, è andata proprio così e, dopo poche ore dalla presentazione del mio progetto, ero già a bordo! Nonostante la copertina resto, però, ancorato alla Terra.
Quando con l’etichetta si è deciso di rilasciare un doppio LP, il primo per Bordello a Parigi, abbiamo convenuto che la grafica avrebbe dovuto rispettare il feeling ‘spaziale’ dei brani, con rimandi agli anni ’80. Così sono stato messo in contatto con Eric Adrian Lee, già autore di artwork per Giallo Disco, che ha interpretato in maniere eccellente ciò che avevo in mente.
Il lato A prende il via con Flying Objects. Un’intro vocale descrive le profondità dello spazio e, dopo pochi secondi, diviene sottofondo costante per sostenere un’overdose di clap e percussioni energiche. Segue Contact, il cui più netto battito non preclude affatto accenni melodici. Il lato B ricomincia da un groove simile: Body On The Ground, una dichiarazione d’amore analogica.
Ogni elemento sonoro è collocato al posto giusto, tra bassi ruvidi, arpeggi in bilico e un vocoder ridotto in potenza. L’atmosfera di Transmission rimanda, invece, più indietro le lancette dell’orologio dell’arte di G-Machine, per un tributo alla tradizione del cinema poliziottesco. Il lato C offre, poi, un’ennesima prova muscolare, con la travolgente It’s A Shame. Real electro from Salerno.
L’immediata controparte è la gradevole iPhunk, una fluttuante digressione impreziosita da alcuni gorgheggi elettronici. Neppure il lato D azzarda cambi di ritmo: quello di In My Arms è contagioso, inebriante e non ammette pause. Infine Boogie Down, un elegante mix tra vibranti titoli di coda e il dispiegamento delle sirene della polizia. Gli ascoltatori sono pregati di allacciare le cinture.