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Gigi Masin Plays Hazkarà

Gigi Masin - Plays Hazkarà 300x300
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Sorpassiamo il tempo
e ci portiamo appresso
ciò che il tempo ci lascia
suoni… forse,
per ricordare cosa abbiamo vissuto.

I versi di Mirco Salvadori sono soltanto una parte di un’opera dal più ampio respiro. “Hazkarà” è un progetto editoriale, musicale e fotografico, rilasciato dalla sempre creativa 13, o una dimensione tanto interiore quanto malinconica, sia palpabile che impalpabile, sia cartacea che sonora, doppiamente propria di chi l’ha concepita, con attenzione e cura di ogni singolo particolare.

Quando la realtà e l’immaginazione si combinano con la grafica, la resa finale può essere solo straordinaria. Dalla collaborazione tra un giornalista, un artista del calibro di Gigi Masin, due fotografi, Monica Testa e il proprietario dell’etichetta Stefano Gentile, deriva un ricco booklet composto da ben quaranta pagine con cd incluso, intitolato “Plays Hazkarà” (2016).

Il progetto “Hazkarà” mutua il suo titolo da una cerimonia ebraica che si compie ogni anno per celebrare una scomparsa. La visita alla tomba della persona cara e la lettura di alcune preghiere sono due delle sue azioni ricorrenti. L’aggiunta di Mirco Salvadori è una riflessione del tutto personale, suddivisa in cinque parti, che ha inizio proprio con un sofferto abbandono.

Un episodio che coincide con parole, prima di allora, forse mai recitate veramente con il cuore. Lo sfondo di Venezia, le rondini e la simbolica data 17 giugno 2046. Ricordi in nero e suggestioni in bianco prendono forma pagina dopo pagina. La musica una compagna instancabile, lo Yom Kippur un’altra ricorrenza sentita e la diga del Vajont una ferita ancora da cicatrizzare.

Mirco Salvadori e Gigi MasinE, infine, l’amore per dischi con brani notturni, ideali per trasmettere giuste vibrazioni. Temi romantici, inframezzati da immagini di calli e case abbandonate, e un pugno di poesie. Dopodiché, le forbite e non prolisse tracce di Gigi Masin: otto inediti del produttore veneziano, altrettanto evocativi e colmi di beatitudine, quali inviti in serie a un altro tipo di raccoglimento.

L’atmosfera è intima. Lo stile inconfondibile. L’approccio immediato. Protagonista, quasi assoluto, dell’intero album è il pianoforte. Uno strumento capace di ammaliare e sedurre l’ascoltatore, così come di suscitare in lui un sotteso senso di spleen. L’apertura, con Deser Radio, costituisce un ottimo esempio di tristezza meditativa filtrata da note mai invadenti.

Il pianoforte resta in primo piano. L’atmosferica Goodbye To Love e la delicata Melanchonia ne sono le testimonianze immediate. La prima scorre abbastanza placida, la seconda è attraversata da un sibilo elettronico. My Red Rose interrompe l’andatura regolare, introducendo un elemento percussivo per accompagnare e meglio scandire un ritmo etereo.

Se Papermoon regala sprazzi d’ambient di autentico pregio, Starshine ne è la controparte più misteriosa. I tremolii aumentano, l’aria si fa tesa. La sospesa The Infant Tree spazza subito via ogni residuo malessere. L’intensità del suono cresce con la conclusiva Venus Definition, rendendo “Play Hazkarà” un lavoro capace di appagare quattro dei cinque sensi. Tra lettura e ascolto.

L’impossibile amore tra la parola e la musica narra di nottate burrascose a cercare un suono che potesse, almeno per un attimo, unirle in un abbraccio intenso anche se di compromesso. Le composizioni qui raccolte, divise solo fisicamente dalle prose e dai racconti, ne sono invece legate indissolubilmente, perché musica e parole si sono sostenute e accompagnate per anni, palco dopo palco, così diverse e fraterne da non poterle più distinguere.

We pass the time
and carry around
what time leaves us
sounds… maybe,
to remember what we experienced.

The verses of Mirco Salvadori are just a part of a work of a broader context. “Hazkarà” is a publishing music and photo project, issued by the always creative 13, or both inner and melancholy dimension, which is palpable and impalpable, printed and sound, doubly felt by who conceived it, with care and attention to every single detail.

When reality and imagination are combined with graphics, the final result may be only extraordinary. A collaboration between a journalist, an artist of the caliber of Gigi Masin, two photographers, Monica Testa and label owner Stefano Gentile, comes a rich booklet consists of forty pages with an included cd, entitled “Plays Hazkarà” (2016).

“Hazkarà” project borrows its title from a Jewish ceremony that takes place every year to celebrate a disappearance. The visit to the beloved person’s tomb and reading some prayers are two of its recurring actions. The addding by Mirco Salvadori is a very personal reflection, divided into five parts, which begins precisely with a suffered neglect.

An episode which coincides with words, before then, perhaps never really acted with his heart. The background of Venice, the swallows and the symbolic date of 17th June 2046. Memories in black and suggestions in white take shape page after page. Music a tireless companion, Yom Kippur another important occasion and the dam of Vajont a difficult wound to heal.

Mirco Salvadori e Gigi MasinAnd, finally, love for records with night songs, ideal for transmitting right vibrations. Romantic themes, interspersed with images of abandoned streets and houses, and a handful of poems. After that, the furbish and not verbose tracks of Gigi Masin: eight unpublished by the Venetian producer, equally evocative and full of bliss, such as invitations in series to another type of meditation.

The atmosphere is intimate. The style unmistakable. The approach immediate. Protagonist, almost absolute, of the whole album is the piano. An instrument able to charm and seduce the listener, as well as to arouse in him an underlying sense of spleen. The opening, with Deser Radio, is an excellent example of meditative sadness filtered by never intrusive notes.

The piano remains in the foreground. The atmospheric Goodbye To Love and the delicate Melanchonia are the immediate testimonies. The first runs fairly placid, the second is crossed by an electronic hiss. My Red Rose interrupts the steady pace, introducing a percussive element to accompany and better articulate an ethereal rhythm.

If Papermoon offers glimpses of authentic precious ambient, Starshine is its most mysterious counterpart. The jitters increase, the air gets tense. The suspended The Infant Tree sweeps right away any residual discomfort. The intensity of the sound grows with the final Venus Definition, making “Play Hazkarà” a job that can satisfy four of the five senses. Between reading and listening.

The impossible love between the word and the music tells of stormy nights to look for a sound that could, at least for a moment, put them together in an intense embrace although as a compromise. The compositions gathered here, divided only by physically prose and stories, are inextricably linked together, because music and words went on and on for years, stage after stage, so different and fraternal as they can no longer distinguish.