“And, you see, no one man owns house because house music is a universal language, spoken and understood by all. Chuck Roberts”
Non sorprende trovarsi davanti al monumentale lavoro di Will Long e constatare la disarmante semplicità con la quale la sua musica riesce a scavare veri e propri solchi nell’anima. Beat dopo beat, con la sola forza del suo essere House. Long Trax viene pubblicato dalla Comatose Recordings di Terre Thaemlitz aka Dj Sprinkles in una preziosa raccolta in doppio CD o diviso su sette vinili contenuti in tre separate uscite, tutte in edizione limitata con le cover illustrate da Tsuji Aiko.
“Ho sempre amato l’House music, ed in questo momento posso dire che questo suono rappresenta molti aspetti della mia attuale esistenza, perché storicamente si lega a molti avvenimenti sociali che sento vicini.
Dove l’ambient o la musica sperimentale sono ascoltati in luoghi solitari, la musica dance è assorbita invece all’interno di clubs affollati, e questo è molto interessante per me adesso. Ora penso che molte delle cose che volevo comunicare attraverso la musica non funzionavano bene con l’ambient o la sperimentazione, o forse sono semplicemente cambiato dopo dieci anni produzioni ambient.”
Nato nel 1980 nel Mississipi, William Thomas Long ha cominciato a produrre musica ambient e sperimentale dopo gli studi di filosofia e giornalismo, trasferendosi prima in California e successivamente in Indonesia e Giappone, paese nel quale risiede e sembra aver trovato stabilità.
“Il tamburo è stato il primo vero strumento che abbia suonato, ho iniziato a produrre House music poco prima della nascita di mia figlia, ed ho potuto osservarla mentre imparava a seguire il ritmo ed a divertirsi con questo durante gli ultimi due anni. Non c’è nulla di sperimentale in tal proposito, ed è una cosa che mi piacerebbe continuare a fare.”
E’ bene lasciare da parte ogni artificio, concentrarsi sull’essenziale e lasciar partire questi sette lunghissimi brani nei quali pochissimi elementi riescono a costruire un viaggio unico ed estremamente profondo. Un suono che varia in piccoli anfratti quasi impercettibili e che se visto con distacco non rende la sua grandezza.
Il groove è catturato nella sua essenza, in un battito costante che non fa riferimento a nessun retaggio funk o disco, è metronomico, lineare ma allo stesso tempo caldo ed avvolgente grazie a quelle spire si synth che sembrano far poggiare le strutture ritmiche su un materasso avvolto di seta ed a quei sample vocali che rendono eteree anche le sfumature più terrene.
Non è distante, per certi versi, il suo passato nel progetto Celer, quell’attitudine malinconica nella stesura delle melodie è qui esaltata dalla fusione con il ritmo ma è pur sempre vicina all’ambient. E’ dance espressa come fermo immagine di una mente intenta nell’atto di ballare, sensazioni e pensieri di chi vive il dancefloor come passo che vada oltre il crudo divertimento.
“L’estetica minimale che puoi riscontrare non è assolutamente intenzionale come potrebbe sembrare. Faccio uso di un setup veramente basic e credo che sia più giusto preservare l’integrità nuda e cruda degli strumenti che utilizzo piuttosto che saturare la musica con strati di plugin o effetti senz’anima. Anche molta della musica ambient che ho prodotto in passato è stata registrata seguendo questo modus operandi. Inoltre, se provate ad ascoltare alcuni brani house classici, noterete che questi sono veramente semplici e fatti con pochissimi elementi. A mio modo di vedere, questo è lontano dal concetto di minimalismo, è anzi un focus sulla ricchezza delle strutture.”
Infonde ipnosi, calore e passione, perché nel suo disegno complessivo sembra fondersi in un’unica soundtrack che lascia immaginare la notte, il sudore caldo, gli spazi chiusi e fumosi e il movimento filtrato attraverso i frames di una bianca luce stroboscopica. Per ognuno dei sette brani, Dj Sprinkles confeziona la rispettiva overdub, versioni vicine alle stesure originali in quasi tutti i casi, e che nello specifico aggiungono quel tocco di calore concentrato sui bassi, su soluzioni armoniche dub e su una serie di rifiniture ritmiche attuate attraverso l’utilizzo di percussioni, tamburi e piattini vari. Un lavoro che arricchisce il dettaglio e solidifica questi battiti andando a completare un album House la cui bellezza cristallina non potrà non farvi innamorare. Ascoltarlo sarà immedesimarsi in un mantra ritmico nel quale poter riflettere, ricordare, progettare il futuro o semplicemente abbandonarsi al ballo.
“Parte tutto dalla voce, sulla quale costruisco poi ritmo ed accordi. Ho lavorato ad ogni brano come se fosse un singolo, non pensavo all’album nel momento in cui ho iniziato, ed inoltre adoro i brani che sanno stare in piedi da soli. Seguendo questo approccio non sento il bisogno di reinventarmi costantemente od avere il vincolo di cambiare ogni volta che inizio un lavoro. Tendo a considerare tutto questo come una semplice e continua evoluzione dei temi che sto affrontando.”
E’ un lavoro importante per l’House, perché affronta il tema della dance seguendone il modus operandi originario e guardando il tutto con gli occhi di chi inevitabilmente vive, assorbe e prova a decodificare il mondo durante questi difficili anni.