Due musicisti dal variegato background e pronti a osare. Un album di difficile collocazione, se non inedito sul mercato. Il duo Surgical Beat Bros e “Black” (2016), forza e follia. Decostruire l’elettronica può rivelarsi un’operazione complessa. Chi si avvicina a un genere dai multiformi connotati è consapevole in partenza di introiettarne uno o più approcci ormai stereotipati. Chi si avvicina all’opera pubblicata dalla Subsound Records è bene che apra le orecchie.
Il nuovo lavoro di Fabio ‘Reeks’ Recchia e Antonio Zitarelli parte da un doppio presupposto. Innanzitutto, non esistono particolari regole da rispettare. Sintetizzatori e batteria sono ampiamente sufficienti per alterare gli stati di coscienza dell’ascoltatore. Dopodiché, “Black” è diviso in due parti, con le prime tre tracce calibrate sui centoventicinque battiti al minuto e le seconde tre sui cento. La radice quadrata e una cifra gli altri elementi per distinguerle nell’arco di trentasei minuti.
È buona norma diffidare delle apparenze e, allo stesso tempo, avere una certa pazienza. La timida partenza di √ 1 desta qualche dubbio, ma è solo questione di attimi. Quando la batteria entra nel vivo, c’è solo stupirsi per l’onda d’urto scatenata con pochi colpi. Le altre apparecchiature elettroniche concorrono a ispessire il ritmo. Le due sezioni viaggiano sullo stesso binario, ordinate nel loro caos, per poi confluire con sorprendente grazia e senza alcuno stacco in √ 4.
Una traccia più ragionata, direttamente connessa alla precedente, ma dall’andatura meno scomposta e, soprattutto, profonda. Il mood obliquo mutuato dal ricorso a vacui sample, ideali per concorrere alla progressiva amplificazione di un flusso sonoro sempre più possente. Un vortice destinato, però, a esaurirsi. Le percussioni implodono. L’atmosfera diviene quasi rarefatta. Tanto curiosa quanto cinematografica √ 9: il crescendo iniziale assume presto connotati ai limiti della tossicità.
L’acida √ 16 segue un’andatura diversa, finanche giocosa, segnata dalla diminuzione di battiti per minuto. Oltre il profluvio di bolle elettroniche, prima un’accelerazione inattesa, poi il ritorno al solito pattern, su cui s’inserisce √ 25, l’episodio più introverso all’interno di “Black”. Anche il conclusivo √ 36 è scia al precedente. Il continuo fraseggio tra analogico e digitale assume toni scontrosi. All’improvviso, il silenzio. Un buon modo per non stabilire vincitori o perdenti.