Per comprendere “Double Quartet Serie #1” (2016) è necessario partire da un album seminale quale “Free Jazz: A Collective Improvisation” (1961), fautore della nascita del movimento free jazz e, soprattutto, un’autentica novità in termini di realizzazione e successiva fruizione. In primis, Ornette Coleman e i suoi collaboratori si cimentarono in un’improvvisazione di circa quaranta minuti, la prima a essere impressa in vinile. Un’opera complessa, dissonante, di non facile assimilazione da parte degli ascoltatori, registrata da un doppio quartetto, uno preposto per il canale sinistro e uno per il destro. La sezione ritmica suonava in contemporanea e gli assoli presenti, una consuetudine del genere, erano combinati a esecuzioni strumentali da parte della sezione dei fiati.
Due band contemporanee dalle varie influenze provano a precorrere una simile via sperimentale, tra rock, psichedelia e jazz. I francesi Hifiklub e gli statunitensi Fatso Jetson con Gary Arce recuperano l’insolito modus operandi di allora e si cimentano in sette lunghe tracce consegnate all’italiana Subsound Records. Il risultato finale è particolarmente gradevole. Otto musicisti, una stanza. Dialoghi frammentati e i ricordi di una sessione di registrazione al Coxinhell Studio di Sébastien Gros nel sud della Francia durante il tour europeo dei californiani. Due canali e un mood fluido, difficile da associare un a solo aggettivo. Ciò non presume alcuna mancanza di equilibrio all’interno di “Double Quartet Serie #1”, semmai indica la sua ricchezza artistica, finanche rilassante.
Non c’è neppure alcun intento elitario, né si cerca l’omaggio a un personaggio scomparso di recente, solo tanta voglia di suonare insieme. La musica è un linguaggio internazionale, non conosce confini: i quartetti hanno sia retroterra comune che paritetici intenti. L’esperimento non può che dirsi riuscito. L’album scorre senza sbavature, tra cambi di ritmo e divagazioni armoniche, con un inizio in salita rappresentato dalla cupa Tenderloine Vignette. Le chitarre come protagoniste, il timido coro di voci e alcuni echi elettronici finali simpatiche comparse, talvolta ricorrenti nelle successive tracce. Fumosa Un Gribouillis De La Beauté, mentre il crescendo Glorious Whores è uno degli episodi di svolta del disco, con le percussioni al centro della composizione.
Black Without White si pone, invece, come interludio ugualmente vibrante, preparatorio per il robusto stoner rock di Safe In Pieces. La temperatura si surriscalda in pochi istanti. Non ci sono ritornelli, soltanto voci sparse. Con la profonda A La Fin Je L’Espère Calme, Hifiklub e Fatso Jetson raggiungono la loro personale vetta krautrock. Un brano ellittico, intriso di romanticismo, dai rimandi quasi bucolici, sempre pronto ad avvolgere l’ascoltatore. La conclusione di “Double Quartet Serie #1” fa affidamento sulla grandiosa The Rocky Road To Holiness. L’introduzione dai toni malinconici è squarciata dall’ingresso della chitarra elettrica di Gary Arce, che smuove gli animi intorpiditi. L’ultimo atto della sincronia tra gruppi è meno atmosferico e più deciso.