Quello di Sasu Ripatti è un percorso che ormai rasenta i 10 anni di musica, suoni e composizioni di livello sempre sopra la media. Perso tra i suoi alias, i vari Luomo, Vladislav Delay, Sistol e, non ultimo, Uusitalo. Perso per il mondo, nativo finlandese, ma con un trascorso vissuto in Jamaica, Colombia ed ora Germania a Berlino.
E’ stato artefice della riscrittura dell’house in chiave elettronica in uno dei suoi vecchi lavori: Vocalcity, rendendo chiaro a tutti che anche l’house può servirsi di strutture elettroniche articolate, minuziosamente rifinite ma allo stesso tempo incredibilmente affascinanti per calore, melodia e ritmo. Un lavoro che ha poi generato un movimento. Un lavoro che ha avuto i suoi Dei, ponendo forse, sul tempio più alto, le figure dello stesso Sasu Ripatti e di Matthew Herbert.
E’ infatti in quel punto zero che ebbe inizio tutto il divagare house unito a minimalismi di facciata, ritmiche sbilenche e falsi compositori abbagliati dalla laptop generation.
Ma il vero resta, e con il tempo si solidifica. Sasu Ripatti mette in gioco il suo pseudonimo di confine: Uusitalo, una figura musicale che si pone a metà tra le ferree sperimentazioni di Vladislav Delay e l’house elettronica di Luomo. Una nebulosa fitta delle sue caratteristiche compositive, che si materializza, all’orizzonte di questi suoi 10 anni di carriera, nell’album “Karhunainen”.
Un album composto quasi per intero con strumentazioni analogiche (più volte abbandonate dall’artista ma poi, sempre, rimesse in gioco alla bisogna), concentrandosi sullo studio delle percussioni.
Il gioco risulta riuscitissimo. “Vesi Virtaa Veri” è un tunnel senza fine dentro cui volteggiano leggiadre melodie con tutt’intorno un’orgia di metalli impazziti. E’ un intro che significa trasporto, accensione, accelerazione, che ci porta dritti dentro “Korpikansa”, scheggia sonora tutta basso (oscuro tipo zona basic channel) e flirt electro vocali circondati da una di quelle melodie che sono un po’ il marchio di fabbrica di Luomo. Puntuali colonne sonore per il perfetto viaggio in Scandinavia, terra di grandi luci e grandi bui, di emotività e passione, di freddi eterni e di raggi che scaldano cuori e menti.
“Tohtori Kuka” è una ripartenza tutta dub, dove i tamburi ed i cimbali fanno da meraviglioso sfondo a questo cielo punteggiato di schegge luccicanti. “Konevitsa” è puro esercizio di stile, forse la traccia meno coinvolgente dell’album, ma niente paura perché già nella successiva “Sikojen Juhla” siamo catapultati di nuovo in una giostra melodica zona “jack ” fine ’80 con tutto il terrorifico armamentario percussivo a trasportarla nel futuro. “Karhunainen” è un perfetto connubio techno/house tutto da ballare, e non capita tutti i giorni di assistere a tale cura nella stesura di una traccia.
“Satumaa” è un po’ la bandiera dell’album che sventola percussioni e ritmiche multistrato unite insieme dalla mano di Dio in persona.
“Nälkälaulu” verte sul fronte “Vladislav Delay” in un’eruzione di suono sporco e viscerale. Quasi una sfuriata di punk ripassato al catrame e saltato su delle ritmiche incidenti, nette, puntuali. Preludio della fine, che trova ancora spazio nella techno lunatica di “Himo Perkele” e nella celestiale outro “Puut Juuriltaan”. Un disco vero, un inno al sudore, l’ennesima dimostrazione di una classe che è soltanto maturata nel tempo.