Dove la vecchia furia analogica lascia spazio alla sconfinata deriva digitale, appare, come uno sfocato soggetto in lontananza, “Mr. Alan Abrahams”. Reincarnazione dell’Africa tecnologica con cuore pulsante, autore tra i più raffinati, per gusto e sensibilità, verso i generi-non generi della musica elettronica.
Il suo percorso evolutivo ci è chiaro da tempo, da quando le sue primordiali sperimentazioni sono affiorate in quel di Germania, attraverso la Background records di Andy Vaz. Proseguendo poi inarrestabili, ma mutate per forma e contenuto, sotto l’ala protettrice di una label di culto come la Scape.
La musica (e tutti noi compresi) lo ha conosciuto tatuato di minimalismi mai banali, facenti capolino alle sue radici etniche che ci portano ora a considerare fondamentale, per capire meglio la sua caratura artistica, un album come Cycling, abbaglio di sotterranei “emo-loop” incastrati come solo un genio può.
A dispetto dell’assoluta classe dell’uomo, però, il talento è rimasto sempre in penombra, a dar conforto ai pochi che ne tessevano, bisbigliando, le lodi.
Anche Powers of ten arriva in sordina, con l’orgoglio di essere il primo album edito da Portable per il suo piccolo gioiello di label, la Sud Electronic, gestita insieme all’amica di sempre, Lakuti, centellinando le uscite e cercando di mantenere intatto un verbo nel quale credono ciecamente.
Powers of ten apre con Albatros ed ora immaginate di sostare in un limbo vitale a cavallo di almeno 30 anni, diremo di suoni, ma preferirei gridare di emozioni. Albatros è pop quasi quanto è techno ed anche house. E’ cuore e rabbia, è Dave Gahan precipitato all’inferno ed anche Kraftwerk in un frullatore e questo basterebbe a chiudere il discorso.
Poi, è di nuovo Africa, l’Africa!
Arrabida si fa largo col machete in una giungla sonora fitta, quasi inestricabile, tutto intorno un mood house ed un eco dub quasi assordante. Offline Mondays è puro trattamento vocale, “sincop-e-lectro” e metalli luccicanti, testamento definito/definitivo del Portable sound. Take Action (traccia bonus solo per la versione cd) è un’ensemble techno house con un portamento vocale filtrato al vocoder da pelle d’oca. Potrebbe essere la traccia definitiva del suo secondo alias Bodycode (incentrato in soluzioni maggiormente dancefloor oriented).
Quello che stupisce, ancora una volta, è l’assoluta padronanza della ritmica, attenta sempre a non scendere in soluzioni scontate, neanche quando assume tagli break come nel caso di Locate.
Sul finale c’è ancora spazio per la sperimentazione, trasportati in territori Funkstorung (vedi l’album Disconnected), Portable riporta il pop in superficie, allentando le melodie a favore di una rugiada elettronica che lascia penetrare una fredda umidità.
Powers of ten solidifica l’ascesa inarrestabile di un ragazzo che finora non ha mai sbagliato un colpo. E’ un’album imprescindibile per maturità e consapevolezza, assesta la convinzione che non c’è più tempo di catalogare la musica per generi, quando questi possono essere miscelati in infinite soluzioni stilistiche. Un manifesto al nuovo che è al contempo una consacrazione del passato. E’ l’Africa che rivendica a gran voce la sua patria.