Nell’affannosa rincorsa all’universo “Basic Channel” cui moltissimi produttori si sono gettati (visto anche il declino mediatico di alcune scene che hanno spremuto fino all’osso il business, arrancando a destra e a manca per poter sbarcare il lunario) abbiamo aimè dovuto sopportare dischi privi di alcuna vena creativa, finti fino all’eccesso e persi soprattutto nella convinzione di proporre chissà quali prelibatezze stilistiche, che per quanto ci riguarda, hanno guadagnato molti più consensi di quelli che avrebbero dovuto ricevere.
Purtroppo questi ridondanti cicli di rimpasto dei generi sappiamo bene non finiranno mai. Ma ci basta poi un solo disco, prodotto con la cura necessaria, a far cessare i nostri superflui mali.
E’ successo ora, con questo bellissimo disco di Stephen Hitchell, in arte Intrusion, un artista che produce musica da moltissimi anni insieme al suo compagno di scuderia Rod Modell sotto lo pseudonimo Echospace e con il quale ha fondato e dirige una delle etichette che si occupa di musica dub elettronica dalla quale abbiamo ricevuto il materiale migliore in circolazione negli ultimi anni.
Musica intima la loro, diversa dalla logica techno tradizionale perché creata con lo scopo di colpire e distruggere l’animo piuttosto che il corpo, musica che ai meno avvezzi può suonare scomoda e di difficile ascolto, ma che, se assorbita con un ottimo impianto e con la mente libera dai pensieri può trasportarti attraverso mille luoghi con la sola forza dell’immaginazione.
Hitchell si dedica così al suo album solista, sciogliendo momentaneamente il sodalizio artistico con Rod Modell (che a dire il vero lo scorso anno ha pubblicato un album dal titolo Incense & Black Light che aveva tutte le premesse per anticipare il capolavoro del quale vi stiamo parlando ma che purtroppo ha peccato di una certa rigidità stilistica che ha fatto si che il lavoro non ci esaltasse abbastanza ) per comporre questi 10 brani dedicati alla memoria del padre scomparso.
La sua abilità è quella di riportare in superficie il groove, un miscuglio di geniali intuizioni fatte di fantastici giri di piano, percussioni e voci che limate nella prospettiva di un ingresso nel sottosuolo non hanno perso un briciolo del loro fascino.
Ecco allora che il suo sound ci trasporta all’interno di un universo unico e multiforme, dove la potenza dei bassi, modellati affinché le nebbie ci avvolgano, ci trasportano in una sorta di trance dentro la quale appaiono sequenze sfocate di suoni angelici, un dipinto che ci trattiene immobili davanti a sé, lasciandosi ammirare a lungo.
Questa è la vera eredità di un movimento musicale che non ha mai cessato di essere tale, attraversando luci ed ombre per poi tornare a splendere.
“The seduction of silence” è uno di quei dischi necessari a ristabilire un equilibrio minacciato da speculatori e falsi profeti, è musica che ha conosciuto sangue e passione.