Torna la Solar One Music con un disco diviso tra le due entità produttive di Raw Mechanics (incredibili le sue produzioni sotto pseudonimo As1) e Crotaphytus, demoni immersi come al solito in un quotidiano parallelo, in un mondo immaginario che speriamo possa diventare un sogno diffuso per quanti si avvicinino a questo genere di sonorità.
Questa volta la Solar One opta per un “dvd case” per l’imballaggio della sua musica, corredato della foto di un Crotaphytus (più comunemente una lucertola con il collare) che da quanto ci è dato apprendere è scomparso proprio in questi giorni. Forse uno dei compagni d’avventura della metà di questo disco.
Tutto ha inizio con una serie di ritmiche spezzate e concitate che fanno da sfondo all’incedere deep di sintetizzatori che dipingono uno scenario allo stesso tempo futuristico e suggestivo. Ricordiamoci sempre che stiamo parlando di una delle realtà electro più importanti attualmente.
Ed è proprio la terza traccia: “Tracheloptychus” a segnare uno dei momenti più incisivi del disco, un vortice ritmico/melodico che recita il suo lamento sopra una rullata costante e funerea, riempita di lampi elettrici che con la loro differenza tonale segnano a vari intervalli l’andamento del brano.
Notevole anche lo sforzo creativo di “Integrated Network” ad opera di Raw Mechanics, un arcobaleno cibernetico che interagisce con una ritmica jungle dal sapore minimale.
I due artisti (ma a questo punto l’incertezza ci porta a pensare alla paternità di una sola figura dietro i due pseudonimi) sembrano interagire alla perfezione, concedendosi anche delle fughe ritmiche ai limiti dell’hardcore “Carnassial Tooth” e “Mercury Molder”.
Mansione a parte per “Y3”, traccia nella quale subentra il già noto The Exaltics, portando, e qui crediamo di andare per certezze, una straniante base melodica post drexciyana proprio alla sua maniera, sopra una ritmica break potente ed efficace.
Nel finale spazio a due remix molto importanti, ovvero quello di Faceless Mind (Luke Eargoggle) su “Cold nights” che viene così fatta uscire dalle tenebre melodiche per una parata ritmica fitta e glaciale, e per il remix di Manasyt su “Tracheloptychus” tramutata ora in una discarica industriale in pieno fermento lavorativo grazie all’utilizzo del parco suoni assolutamente estremo dell’artista bulgaro.
Il futuro ora passa di qui.