Kettel è uno degli artisti della nuova scena elettronica più interessanti in assoluto. Classe 1982, all’anagrafe Reimer Eising, conta già una discografia ampia e sempre al di sopra degli standard.
Un profilo poliedrico, accostabile senza il timore di cadere nel banale ad un genio assoluto come Aphex Twin. Si, è proprio lì che andiamo a cadere, vuoi per quell’utilizzo intelligente della 303, vuoi per quelle melodie di piano che molto evocano, nelle atmosfere, l’ex enfant prodige della Cornovaglia.
Myam James 2 segue a distanza di un anno il primo capitolo, sempre edito dalla Sending Orbs, sua personale etichetta, che si sta mettendo in mostra in maniera sorprendente (non ultimo il grandissimo disco di Yagya).
A questo punto ci aspettiamo una trilogia, veramente, perché se nel primo capitolo eravamo rimasti stupiti dalla creatività nell’utilizzo della bassline, modellata al fine di donare grazia ed eleganza ad uno stile acre e masculino come l’acid, qui ci troviamo di fronte ad una serie di brani pensati per emozionare per mezzo del piano, ed il bello è che ci riescono con estrema semplicità.
Ovviamente non vi stiamo proponendo un disco di sole composizioni per piano, l’arte di Kettel, infatti, và ben oltre la composizione. Quel che ci preme sottolineare riguarda il suo modo di accostare suono e ritmo, dosando alla perfezione gli elementi in gioco per poi trattenersi a lungo nei dettagli. In quegli strati che magari al primo ascolto non vengono mai presi in considerazione, ma che soltanto “entrando” nella sua musica possono essere colti ed apprezzati.
La scelta dei tempi, degli stacchi, dei momenti di vuoto, un insieme di caratteristiche che appartengono da sempre ai suoi album, come pure la voglia di sperimentare e spostare continuamente il baricentro delle composizioni ogni volta in un mood diverso, riuscendo comunque a mantenere la visione di quello che è il disegno iniziale.
Un disegno che fin’ora non ha mai disdegnato nulla, perché la sua musica si è servita tanto di strumentazione acustica, quanto di deliziosi synth e drum machine. Elementi, questi ultimi, che troviamo spalmati un po’ ovunque, ora sotto forma di movimentate session break-atmosferiche, ora a ricamare un tappeto ambient dalla trama circolare.
Chi vi ricorda un profilo del genere?
Si, per questa volta ci piace tornare a battere in quel punto, forse perché è troppo tempo che ci manca, forse perché abbracciare il nuovo in questa maniera è un forte segnale di speranza, o forse soltanto perché le emozioni che ci sta regalando Kettel sono semplicemente sensazioni che sappiamo già d’aver vissuto e non vedevamo l’ora di tornare ad assaporare.
Questa è musica che tiene viva la musica stessa, questo è un artista che merita d’essere ascoltato per ogni suo disco. Ne siamo certi, non vi deluderà.