Per anni Jeff McIlwain alias Lusine (in passato L’usine) è stato il paladino americano dell’IDM, definizione se volete antipatica, dentro cui però si è potuta sentire tanta buona musica.
E lui ce ne ha fatta sentire molta: dagli edit autechtriani su Isophlux, ai soundscapes dark su Hymen. Poi il ‘grande’ passo ed il contratto con la Ghostly, l’etichetta ricca di Detroit, che ne ha valorizzato le capacità melodiche e domato gli istinti derivativi tipici di certa IDM.
Dopo qualche ep ed un paio di CD, esce ora questo nuovo lavoro che dimostra la maturità del produttore americano. Undici brani leggeri come l’aria e diretti come una folata di vento che ci regalano un altro piccolo pezzo di storia della musica elettronica moderna.
Si apre con la notevole ‘Operation costs’, downtempo fra Boards of Canada e l’Aphex più lirico con un bellissimo uso del vocoder, per poi passare a ‘Two dots’ che assieme a ‘Twilight’ e ‘Gravity’ lo vedono collaborare con Viljia Larjosto, cantante dalla voce cristallina e decisa conosciuta alla Red Bull Academy di Seattle.
Se il primo brano è quasi pop nella sua voglia di essere song, gli altri rivelano la propensione di Lusine su questo album a lavorare sulla voce come strumento e suono. Ottima soprattutto ‘Gravity’ in questo senso.
Lo stesso avviene anche su ‘Crowded room’ dove torna il vocoder, ma con una melodia ed una ritmica piuttosto scontate anche se rivelatrici di una propensione per il dancefloor che era già avvenuta in suoi vari recenti remix per artisti techno e techouse.
Meglio in questo senso ‘Every disguise’ che, seppure piuttosto classica nella sua visione Detroit techno, ha una profondità sonora non male.
In definitiva un gran bel disco che rappresenta un punto d’arrivo significativo per il suo autore.