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Album Reviews /

Redshape The Dance Paradox

  • Label / Delsin
  • Catalog /
  • Format /
  • Released / Oct 2009
  • Style / ,
  • Rating /
    10/101
Redshape

Sono rare le occasioni nelle quali vediamo materializzarsi in maniera sbalorditiva un’aspettativa maturata nel tempo, lentamente. Ancor più rare , queste situazioni, hanno luogo in ambito musicale.

Questo è un capitolo che prende forma all’interno di un libro che ci parla ormai da diverso tempo, raccontandoci sempre con precisione temporale l’evoluzione di un suono che ha tempi e luoghi di partenza ben noti.
Questa è la storia della Delsin, una visionaria e quanto mai concreta etichetta fondata nel lontanissimo 1996 da Marsel Van Der Wielen con l’obiettivo di produrre buona musica elettronica.
Marsel non solo è riuscito nell’intento, ma ha dato forma a quella che ad oggi possiamo considerare una delle migliori evoluzioni del suono techno nativo di Detroit.
Nel tempo la Delsin ci ha privilegiati della migliore musica techno in circolazione, musica che non ha mai perso di vista il calore umano, nutrendosi sempre dalla fisicità di un suono che ha vissuto a contatto con le carni e con il sangue.

Redshape è “soltanto” una pedina all’interno di un circuito oliato a dovere, un giovanissimo producer ricco di talento. Esatto, cosa importantissima il talento, ma forse Redshape possiede una dote in più, la perseveranza, oltre ad un’innata propensione alla sperimentazione.
La sua è stata un’autentica esplosione, nel 2006, cinque incredibili uscite licenziate da label come la storica “Music Man Records”, la “Styrax Leaves”, “Delsin” e la sua personale “Present”.
Una bomba, il suo volto coperto da una maschera rossa compiva così le prime apparizioni nei migliori club europei, per arrivare poi ai maggiori festival e club d’oltreoceano.

Un concept se volete già visto, e chi gode di buona memoria sa che parliamo di riferimenti fin troppo ridicolizzati da falsi profeti techno molto più votati al business che alla musica stessa. Fortunatamente Redshape si è tramutato in una sorta di pulsante reset, ponendo avanti a se, ed in maniera imprescindibile il suono.

Vicino nella memoria il suo live italiano al Festival Dancity di Foligno, un’esibizione straordinaria, un live che materializzò d’un tratto tutte le teorizzazioni sulla musica techno, da quel famoso incontro in ascensore tra i Kraftwerk e George Clinton fino ad arrivare alle moderne estetiche europee, fermo restando che di creatività allo stato liquido l’uomo dispone in quantità industriali.

The Dance Paradox è il “lungometraggio” che tutti attendevamo e di nuovo, ecco qualcosa che sembra fermare il tempo. Un suono che sinceramente non ci aspettavamo, che ci mostra quanto (e vi assicuriamo tanto) l’artista sia maturato in questo suo percorso che ha raggiunto nella sua interezza la musica techno.

Il lavoro parte in maniera diretta catapultandoci in un vortice ipnotico tutto sospensione e groove grassi, “Bound part1 and 2” è una tensione continua, otto minuti di splendida ansia elettronica che vi preannuncio non esploderà mai, ed il seguito sarà solo un breve singhiozzo, un rilascio cadenzato di qualcosa che non possiamo che descrivere come un’esplosione controllata. Si, questo disco è come una carica di dinamite utilizzata per demolire un palazzo in pieno centro, potenza inaudita ma controllata nel minimo dettaglio.
Si parlava del seguito, “Man out of time” è un pianto di dolore montato su un apparato ritmico dubstep, un insieme di  emozioni di intensità inaudita, qualcosa che nemmeno il miglior Burial…

Segue una carcassa techno tutta synth in acidità e riduzionismo ritmico come “Globe” ed ancora un affresco dub/psichedelico come “Rorschach’s Game”, un brano che fa affiorare nuova linfa nella musica di Redshape.
Estetica poi ripresa nella successiva “Dead Space mix”, un brano deep techno dove la componente psichedelica è ben rappresentata dal suono dei synth.
“Seduce me” è un’altro di quei brani dove l’artista mette a nudo le sue capacità compositive, lasciandoci di nuovo di stucco per l’uso della melodia e per gli arrangiamenti della sezione ritmica, questa volta ricchi di parti suonate “a vivo” di batteria.

Chiude “Dark and Sticky”, uno spaccato d’oscurità dove ribolle rigogliosa la materia di questo capolavoro prodotto da uno dei pochi artisti che ha la capacità di poterci illustrare il futuro.
Non potete evitare d’acquistarlo, ne vale la vostra credibilità.

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