Triangulation segue, a due anni di distanza, il fulminante “A Mutual Antipathy”, ed è, diciamolo subito, un album totalmente diverso dal primo.
Paul Rose aka Scuba ora vive stabilmente a Berlino e stà subendo una sorta di mutazione stilistica indubbiamente influenzata dalle forti correnti techno che transitano nella città. Di conseguenza, e questo attenzione è il bello, la sua musica stà aprendosi a scenari che vanno oltre il dubstep, in un incontro di prospettive che dà ampi margini di vedute.
Questo aimè lascerà sicuramente indifferenti gli integralisti del suono made in uk ma d’altro canto avvicinerà molte nuove teste alla sua musica. Quel che conta, secondo me, è trarre profitto dalle varie influenze, assemblando un prodotto che emani qualità ed eviti quello stato di ristagno creativo al quale molti artisti purtroppo si abbandonano.
Scuba riesce benissimo, ed accelera così i tempi di una transizione comunque sia già accennata da tempo, sia dallo stesso, che, come abbiamo già avuto modo di parlarvi, del recente album di “F”.
Questo rimane a prescindere da tutto un album di impronta dubstep, e mantiene intatte tutte le peculiarità del genere, dai bassi cavernosi alle ritmiche sincopate, ma in questo incedere se vogliamo classico attua delle modifiche tese ad allentare la tensione emotiva, cercando di comunicare il più possibile con il corpo.
E’ infatti questo il primo ad assecondare l’andatura di un brano come “On Deck”, che sfruttando una base spezzata ed una serie di battiti di varia natura si insinua nelle pieghe della dance in maniera talmente naturale che le tetre atmosfere della dubstep vi sembreranno soltanto un lontano ricordo.
Apparenza, soltanto apparenza, perché Scuba, da buon “dubsteppista” è un malinconico, oltre che un visionario, e quindi riesce a dosare in questa sua nuova visione elementi che ad ampio raggio guardano questo suo nuovo modo di essere.
Diciamo di più, Scuba fa proprie anche le felici intuizioni dell’inarrivabile Burial, concedendoci due deliziosi momenti vocali con “Before” e “So you think you’re special”, trattando in maniera meno schizzofrenica il vocal che mantiene quindi un sapore R’N’B quasi vergine.
In “Minerals” e “Glance” l’artista chiude il cerchio affrontando scientificamente la produzione, incastrando ritmiche incandescenti con synth oscuri e campionamenti di diversa natura e sono sicuro che deve aver ascoltato per molto tempo la musica di Monolake per giungere a ciò.
“Heavy Machinery” è quel che avvicina di più la techno alla dubstep, cassa dritta, martello metallico sfalsato, grande melodia in primo piano ed un incredibile tappeto che entra verso la metà brano ad uso pausa di grandissimo effetto.
Per quanto mi riguarda siamo di fronte ad un modo nuovo ed interessante di comunicare, e questo non potrà che farci del bene.