La Baskaru regala sempre grandi momenti di musica elettronica, destreggiandosi tra delicate sfaccettature che possono consentire un rinnovo sempre puntuale e deciso.
Ora mette insieme la voce di Laura Gibson e l’elettronica di Ethan Rose che senza la minima esitazione bilanciano le due componenti primarie del loro talento per offrirci un album che è puro piacere.
Una formula che ci catapulta indietro nel tempo, in una fase di sperimentazione nella quale era inedito unire dei micro-frammenti sonori a melodie per voce. Il tempo passa, insieme alle mode, e quel che resta, come in questo caso, è un’esperienza che si è solidificata creando di fatto un nuovo stile narrativo con dei precedenti sui quali poggiarsi.
Laura Gibson sembra la Bjork degli esordi (quando ancora riusciva ad emettere melodia attraverso la voce) priva di increspature e rabbia giovanile, mentre le tessiture di Ethan Rose sono delle autentiche carezze che accolgono in un morbido palmo le sue parole appena sussurrate.
C’è qualcosa di visionario e solare in tutte le composizioni, per assurdo accostabili ai dipinti di luce dei Boards Of Canada, non in senso puramente stilistico (viaggiamo su orbite completamente differenti) ma figurale.
Sono i tramonti osservati da una collina in fiore quelli a balzare in mente o ancora ricordi di sudate giovanili in corse sorridenti dietro sogni allora tangibili.
Mentre innumerevoli campioni naturali e semplici accordi di piano attraverseranno la vostra mente, Il tempo scorrerà deciso sotto un suono così dolce ed attraente che vi farà giungere alla fine del disco in un battibaleno, regalandovi quel piccolo stordimento che segnerà il buffo ritorno alla realtà.