L’uomo che per il mondo ha significato e significa “Minimal Nation” torna in questo dannato giugno con un nuovo album che accende definitivamente la scia luminosa lanciata lo scorso anno proprio con la ristampa del monolite techno che più di ogni altro ha disegnato le linee guida per il suono minimale.
La fiamma originaria si chiama “The Omega Man”, una pellicola del 1971 diretta da Boris Sagal ed a sua volta ispirata ad un romanzo del 1954 “I’m A Legend” dello scrittore Richard Matheson.
Ed è facile immaginare come il fuoriclasse di Detroit sia rimasto impressionato da questa storia che narra di uno scienziato rimasto a lottare contro un gruppo di mutanti dopo che l’intera popolazione mondiale è deceduta in seguito ad una pandemia batteriologica.
Hood traspone le sue sensazioni in musica, sonorizzando una desolata e post-apocalittica Los Angeles con un’espressione techno pura ed incontaminata, simbolo trainante di un suono che riesce dopo 20 anni a trovare ancora argomenti di discussione ed un fiorire d’idee che rispondono al 100% al bisogno di guardare in avanti.
Omega è un attacco sonico nudo e crudo che vanta le soluzioni ritmiche più originali e potenti degli ultimi anni, consacrando il nero di Detroit a fantasista puro del ritmo. Prendete come esempio un brano come “Alpha” che sotto un manto fatto di tensione pressoché costante, sviscera una serie di incastri e raddoppi di 909 che sono quanto di più spregiudicato ed allo stesso tempo sexy abbiano udito le mie orecchie techno negli ultimi tempi.
Ed è proprio la 909 a giocare il ruolo più importante di un album che si differenzia in maniera sostanziale dal modo di fare techno ascoltato fin’ora da Robert Hood. Dove l’approccio melodico era più marcato nonostante la ferrea sintesi minimale, ora è evidenziata una sottile quanto inscalfibile linea di synth disegnata ad uso ipnotico invece che melodico. Anche i banchi di suoni sembrano essersi ridotti, ma non a discapito della creatività, che rimane a livelli espressivi elevatissimi. E’ come se l’artista avesse individuato una serie ridottissima di sonorità con le quali dover rappresentare tutte le emozioni vissute durante la visione di questa pellicola.
Una delle qualità che più emergono da questo lavoro è data dall’equilibrio incredibile tra potenza e plasticità, in alcuni incredibili brani come ad esempio “The Wheels of Escape” o “Towns That Disappeared Completely” c’è un approccio funk tra le righe che ribolle costantemente in una serie di grooves estatici e trainanti, qualcosa che manca completamente nella maggior parte delle release techno di ultima generazione.
E’ vero, Hood fa parte di una schiera di produttori cresciuti a soul e funk, di persone che non hanno mai perso il contatto con le radici, onorando per quanto possibile un retroterra che ha permesso loro di scrivere pagine importantissime, aggiornandole continuamente con una visione che non accenna minimamente ad oscurarsi.
Omega è un disco bellissimo, intenso e ricco di tensione, mette in gioco arte del ritmo, eccellenza costruttiva e sintesi melodica fornendoci materiale che fa selezione naturale della sua utenza.
Mettiamola così, se alla domanda:”Che musica ascolti?”, rispondete in maniera naturale: “Techno”, non potrete far a meno di amarlo.