Pensavate fosse fritto nel suo stesso olio? Me ne stavo convincendo anch’io fino a pochi giorni fa.
Enfant prodige della scena elettronica, subito spinto in alto da un mostro come la Warp Records (e qui l’esperienza dovrebbe insegnare che se la warp ci mette la faccia qualcosa di buono c’è per forza), poi offuscato da una serie di produzioni non propriamente messe a fuoco, in particolare due grandi attese su Citinite e su Semantica non hanno saputo poi trasformare la sua innata creatività in una forma concreta e solida che purtroppo ha tardato ad arrivare.
Poco male, perché questo “XXX” è l’album della consacrazione, sul serio. Edgar prende in mano il basso (letteralmente!) e mette su una serie di bombe electrofunk dal fascino e dalla potenza irresistibili.
C’è innanzitutto uno studio approfondito della materia, con ascolti che devono aver attinto alla fluente scena newyorkese dei primi anni ’80, immaginario che poi ha influenzato l’artista anche in ambito visivo (parte della sua creatività è incentrata sulla fotografia e sulla moda) ascolti come Prince, D-Train, la Emergency e la Prelude devono aver profondamente segnato la sua visione, al punto da portarlo a studiare il basso, e se provate a cercare su youtube potrete vederlo in azione proprio mentre registra il giro di “Function of your love”, incredibile brano melodico che apre l’album catapultandoci in un battibaleno per le strade notturne della grande mela con il suo graffiante e plastico groove punteggiato d’acido e luci al neon.
“Hot, Raw, Sex” saccheggia dal funk e dalla disco regalandoci un solco in puro Daft Punk style ma in orgia di synth.
Proprio in questo fa la differenza la musica di Edgar, lui crea i suoi suoni, suonando il basso, programmando le ritmiche, cantando, sovrapponendo strati di sintetizzatori, ecco la spregiudicatezza che si fa genio.
“Turn You Inside Out” sfodera un cantato sexy passato al delay su una base estremamente stimolante, qualcosa che tra le righe lascia un sottilissimo rimando a Michael Jackson, ok che è un paragone da titani ma provate ad ascoltare.
Nella successiva “New Touch” esplode il vocoder su un impianto Hankockiano ipnotico e travolgente.
Edgar fa di tutto per sedurci, e lo fa con classe, originalità e tanto tanto groove. Ci invita a seguirlo in un’avventura futuristica come “One Twenty Detail”, un passo funk ed una serie di echi in lontananza su una cadenza hip hop degna del miglior Dam Funk.
Ed ancora “Rewind, Stop That Tape” in uno strumentale da pelle d’oca, una sospensione astrale nella quale l’artista riversa la sua verve romantica in un gioco tra synth e chitarra elettrica favoloso.
Numeri su numeri, in un continuum sonoro astratto completamente dalla contemporaneità, un suono che ha il sapore del passato ma riesce a trasportarti in un luogo fuori dal tempo non definibile in presente o futuro, immaginatevi in una zona nella quale l’unica cosa che conta è la musica, Jimmy Edgar ne ha composta di grandiosa per voi, non fate l’errore di lasciar passare questo disco, perchè è qualcosa di straordinario.
A questo punto viene da sperare in un liveset altrettanto performante, magari accompagnato da musicisti veri e da qualche scenografia ad hoc, qualcosa alla Seimour Bits per intenderci.