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Album Reviews /

Roberto Auser Secret Carnival

  • Label / Bear Funk
  • Catalog /
  • Format /
  • Released / Jul 2010
  • Style / , ,
  • Rating /
    10/101
Roberto Auser

Pensare ad un album di debutto simile risulta veramente improbabile, ma tant’è. Roberto Auser è il regalo per l’estate 2010 e prenota un posto per la volata di fine anno. Un ep per la romana Nature di Marco Passarani ne anticipava già le potenzialità 2 anni or sono con un mix di groove e raffinatezze disco lavorate di cesello tra incastri ritmo/melodici da applauso ed un generale senso d’appartenenza sia ad un passato sempre pungente che ad un eccentrico utilizzo della materia d’indagine per riscriverne il suono guardando in avanti.

Secret Carnival è un doppio cd, quindi premetto che se siete di quegli ascoltatori che :“Tu che senti l’elettronica perché non mi passi qualche mp3 che pompa così me lo sento in macchina?!!” lasciate perdere fin d’ora di leggere, anzi chiudete e non tornate più. E soprattutto non è una raccolta di quelle che ”Roberto Auser 1942-2025”, insomma l’uomo si è chiuso in studio ed ha progettato un album che è visione al 100% ed il risultato è di quelli che non faranno mai le ragnatele negli scaffali.

Il primo disco è un acquerello di tinte tropicali pensato a mò di colonna sonora, un contenitore rigoglioso dove ad essere riversate sono una serie di trovate che fanno capolino costantemente all’house music per quanto riguarda la parte strutturale, anche se questa appartenenza viene celata alla grande grazie ad una sproporzionata dose di suoni che ne aggiornano continuamente la forma.
Certo è che l’estetica space-synth dei primi anni ’80 è imperante e riprodotta in maniera assolutamente frizzante, la sezione ritmica è affidata ad una cassa ovattata quasi sempre presente, coadiuvata da piattini e percussioni oltre ad una serie di suoni naturali (probabilmente field recordings) poi incastonati in maniera perfetta. Immaginate il tipico poliziesco anni ’70 ambientato nella giungla e sarete vicini alla verità.

Altra fase importante è giocata dall’utilizzo del bassline, Auser si serve del dannato strumento per accompagnare molti dei momenti downbeat del lavoro, in un gioco che ricorda molto alcune esperienze ambient dei primi anni ’90 in casa “Rising High” se pur ricontestualizzate in maniera del tutto differente, come ancora le melodie, tutte analogiche, che sono autentici rimandi a spaventosi strumentali space disco zona “Bernard Fevre” e “Space”.
Molto deve aver fatto anche l’ascolto della scena olandese legata alla Clone, poi concretizzata anche nel 12” condiviso con il grandissimo Alden Tyrell sempre su Bear Funk, ma questo non deve erroneamente portarvi ad accostare questo lavoro alla musica di Tyrell & Co. Punterei piuttosto un azzardo verso un solitario come Legowelt, forse l’unico ad avere una visione cosi ampia e risoluta.

Il secondo cd si tinge di tonalità scure, tutto, dal modo di suonare i sintetizzatori alla programmazione ritmica è settato per un approccio dark e spaziale, come se l’intera giungla rappresentata nel primo cd fosse stata rinchiusa in uno space shuttle e spedita in un viaggio nelle galassie.
In questa fase subentrano anche degli accordi psichedelici, come nella bellissima “Happy Days” ed ancora entra in gioco il bassline, in maniera orgasmica in “In to the void”. I brani lentamente assumono una fisionomia sempre più astratta e quindi meno palpabile, una lenta scomposizione che vede un eclissi quasi totale nella claustrofobica chiusura di “Under The Bridge”.

Non fatevi bastare queste parole, dedicatevi del tempo, ed ascoltate, possibilmente in cuffia questo disco che profuma d’eterno.

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