Daniel Lopatin ci aveva stupiti a tal punto da considerare la sua raccolta Rift come il disco più importante dello scorso anno. Musica per nostalgici, per innamorati che sanno lasciarsi sedurre dal suono. Un suono che nasce innanzitutto dal suo amore per le macchine per poi esser trasmesso a tutti noi privo di forzature.
Lopatin torna ora con un nuovo album per cementificare una volta per tutte la sua visione musicale.
A dire il vero già nel 2009 era uscito un altro LP dal titolo Zones Without People, disco crudo e d’impatto che ci aveva fatti tremare riguardo la scelta di discostarsi dall’approccio melodico che ci aveva visti sognare fino ad allora, e, fortunatamente quindi, questo Returnal è una calda pennellata che rimette tutte le cose al loro posto, facendoci di nuovo immergere nelle atmosfere uniche e caratteristiche del suo suono.
Appena parte il disco però è subito un gelido sudore, “Nil Admirari” sembra riprender il discorso proprio dai tagli bruschi di Zone Eithout People, ma da lì in poi è tutto un abbandonarsi a delicate quanto coinvolgenti note.
Lopatin torna in quel limbo new wave a cullarsi e cullarci, sincronizzando i suoi synth su orbite inesplorate per tornare a regalarci momenti di pura magia.
Visioni di caldi tramonti, palme leggermente scosse dal vento ed acque cristalline a rifletter i caldi raggi di sole, lunghissimi drones sopra i quali si sviluppa una melodica senza eguali, composta di campionamenti naturali, organo e lenti naufragi di chitarra elettrica.
Se non è musica ambient questa… Un suono concepito per gli ormai rari momenti di relax, in contrapposizione alla moderna concezione di album, che vede uno sviluppo a misura d’ipod.
In questa musica ci sono forti riferimenti al passato, a sperimentazioni di artisti come Andreas Vollenweider, Klaus Schulze o Vangelis, c’è poi quella personale interpretazione caraibica nelle composizioni ed una maestria tecnica lontana dall’essere paragonata con l’attuale massa produttiva.
Un grande album per tornare a sognare.