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Maxmillion Dunbar Cool Water

Maxmillion Dunbar - Cool Water

Il nome di Andrew Field-Pickering comincia a circolare già da qualche tempo, sicuramente in seguito all’ondata di beats sollevata da Flying Lotus, che ha generato schiere di cloni, ammiratori ed artisti che fin’ora se ne erano stati chiusi nei loro ghetti.

Maxmillion Dunbar è il suo nome d’arte, e dalla metà degli anni zero scuote il suolo del Maryland con le sue traiettorie profonde ed eleganti.

Un singolo in particolare aveva attirato la nostra attenzione prima dell’estate, ed è “Girls Dream”, pubblicato per l’ormai lanciatissima Ramp Recordings, che oltre a contenere uno degli esempi di house music più creativi uditi di recente (Girls Dream appunto, contenuta anche nell’album), sperimentava in territori ambient/downbeat con un bellissimo brano dal titolo Bells Dream, ipnotico tappeto sonoro creato tramite l’utilizzo del piano elettrico, sul quale Dunbar ha lanciato un offensiva ritmica poderosa, dapprima spezzata, poi via via sempre più regolare, che se da un lato ha sicuramente fatto muovere più di qualche gamba, dall’altro ha mantenuto intatto, se non andandolo a rafforzare, un mood ipnotico alquanto rilassante.

Dunbar si lascia ora tentare dall’album, mai scelta fù più opportuna, perché questo Cool Water è una fucina di idee creative e beats elegantissimi che si fondono in maniera perfetta con l’approccio europeo verso questo tipo di suoni.
La sua è una miscela che vive attraverso la manipolazione elettronica, e si manifesta come un fungo ritmico che cerca di non appartenere a nulla di definito.

C’è innanzitutto l’influenza che viene dal passato, quella del funk, riproposta concentrandosi sul suono del basso come nella stupenda traccia d’apertura “Pretty Please”, un agglomerato di pulsioni dal basso unito ad una melodica toccante e schiaffeggiato da una cassa in furor di ’80.
La magia melodica raggiunge poi vette impensabili, come in “Way Down”, quattro minuti abbondanti di delirio sonico in una decostruzione che parte da una circolare melassa 8 bit per poi avventurarsi in una sorta di videogames cervellotico ed astratto.

Un lavoro scientifico nell’assemblaggio dei suoni, che sia in “Snow Mega” che in “Rhythm Track For Rashied Ali” ci fa assaporare la sua creatività lasciata completamente libera, con particolare accento posto verso la seconda delle due, dove Dunbar scivola tra sincopi uk garage e divagazioni technoidi con una naturalezza che lascia perplessi.

C’è ampio spazio, e ce ne rallegriamo veramente, per una zona dedicata alle soluzioni più pacate, precisamente da Lemon & Lime che è un downtempo attraversato da scatti fotografici e sottili avanzamenti tra xilofono e piano, cullati di tanto in tanto da una roca presenza vocale tenuta a bada dal volume.
Poi ancora con Original Soundtrack Flutes, un grazioso carillon caratterizzato appunto dal suono del flauto, da gorgheggi elettronici e da bassi profondi e soffocati.

“Breathe What You Say” è il pulsante d’espulsione, tra vocoder ed affondi di synth, riuscendo con semplicità a darci un caloroso saluto.

Un album stupendo, un nome su cui puntare.

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