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Album Reviews /

Margaret Dygas How Do You Do

  • Label / Power Shovel Audio
  • Catalog /
  • Format /
  • Released / Nov 2010
  • Style /
  • Rating /
    10/101
Margaret Dygas - How Do You Do

Nasce Małgorzata Dygasiewicz in Polonia per poi trasferirsi in Califoria ed in fine a Berlino dove assume il moniker Margaret Dygas. Alcune frecciate su vinile non esattamente perfette e forse troppo standardizzate ma che lasciavano già intravedere un disegno astratto dalle forti potenzialità espressive. Insomma Margaret Dygas poteva scegliere se rimanere a far dischi da finto applauso giovanile o scriver musica come cuor comanda.

La Powershover Audio nasce invece in Giappone per mano di Fujimoto Yuichiro, giovanissimo artista che ha già all’attivo due album di cui uno su Smalltown Supersound bellissimo del 2004 e Oomori Hideki, giovane e talentuoso fotografo.
Mettono su un concept semplice quanto vincente, pubblicare dei dischi che siano scritti in funzione di un determinato mezzo creativo, circoscrivendo il concept su libri illustrati o album fotografici. Quindi ogni artista rilasciato su questa label è chiamato a scrivere musica che descriva nel dettaglio una data opera d’arte.

How Do You Do? Risponde quindi alla causa di cui sopra, trasponendo musicalmente il lavoro di Desmond Morris (un zoologo ed etologo inglese arrivato a far parlar di sé anche per dei dipinti a quanto sembra molto apprezzati da Picasso) dal titolo People Watching.
Margaret dispiega così il suo lavoro attraverso battiti sotterranei ed oscuri che tracciano una linea retta solidissima e costante che ci permette di identificare con la parola techno questa musica. Fin quì niente di nuovo, se non fosse che lungo questo intenso pulsare, l’artista non abbia costruito in maniera sublime una composizione giocata tra piano e batteria degna della migliore tradizione deep jazz.

Un disco che viene fuori pian piano, partendo dai field recordings ed i delay di “Note Note Note”, inserendo poi sfocati accordi di piano e primordiali battiti nella bellissima “Introduction”. E’ un lavoro silente che diventa prezioso nel dettaglio, in quelle pieghe setose nelle quali sono nascoste piccole gemme che rendono il tutto abbagliante.

In “Baton Signals” siamo scesi già nel punto più profondo dove Margaret ci innesta una bomba dub ardente, ricamando intorno alla cassa ovattata una serie di cimeli metallici che conferiscono al brano un incredibile estetica noir seguita poi da un lunghissimo ritmo dai toni leggermente più freschi invaso da campioni di archi e di nuovo punteggiato dagli inserti di piano.
E’ la forma ad essere libera, e questa è forse la cosa che appaga di più, quella di esser riuscita a realizzare un album techno dove la mente è costantemente impegnata a cercar di seguire le strutture variabili.

Ci sono poi dei momenti che definirei sublimi, come in “Pg21”, un brano progressivo dove la tensione sale di minuto in minuto tra accelerazioni di piano, raddoppi e battiti profondi dal forte potere ipnotico, o ancora nell’altra pepita dub “Barrier”, un universo sotterraneo fatto di rumori sporchi, tetre apparizioni di violoncello e squarci di pianoforte. Se non sapete come affrontare il freddo dicembre, prendete le cuffie ed ascoltate ad alto volume questo bellissimo lavoro.

Margaret ha scelto di scriver musica come cuor comanda.

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