Và detto innanzitutto che i Demdike Stare sono due accaniti collezionisti di dischi e che proprio grazie a questa passione sono venuti in contatto, in un altissimo scambio di idee che ora possiamo identificare come solida base di un progetto che come vedremo sta rivoluzionando il modo di concepire e comporre brani elettronici vicini alla dubstep ed alla techno.
Miles Whittaker e Sean Canty provengono dal nord dell’Inghilterra, Lancashire precisamente, il primo attivo già da tempo in ambito musicale con progetti come MLZ o Pendle Coven ed oltretutto Dj, mentre per Sean Canty è rintracciabile una vecchia collaborazione in una raccolta di brani che vanno dal Rock al Blues ed Hip Hop sotto lo pseudonimo Sean Vinylment.
Cerchiamo comunque di non perdere mai di vista il fatto che collezionare dischi è il loro sport preferito.
Immaginiamo che dopo ardite discussioni più o meno terrene (e solo chi è affetto dalla malattia della musica può capire quanto è facile isolarsi in un mondo non facilmente riconoscibile per lanciarsi in diatribe che possono avere come interlocutori soltanto i custodi di determinati codici di comunicazione) abbiano deciso di dar vita ad un progetto musicale, siamo pronti a scommettere, bagnato dai migliori whiskey e dalle birre più corpose. Nacque così una creatura chiamata Demdike Stare, dove Demdike era il nome con il quale veniva identificata Elizabeth Southern, una donna uccisa ancor prima di esser giudicata per l’accusa di vari omicidi e ritenuta appartenente ad una setta di streghe del Lancashire nel 1600, mentre Stare è il termine utilizzato per indicare lo sguardo fisso, forse l’ultima fotografia in vita di Elizabeth.
E’ sin da subito la Modern Love ad interessarsi alla loro musica, pubblicando un album dal titolo Symbiosis, anticipato da due Ep su vinile ad edizione limitata. Un primo colpo sparato, un apripista molto ben assestato che già conteneva alcuni segnali da poter captare e decodificare.
Siamo in un contesto dub aperto a numerose derivazioni, tutto avviene in sordina in una disposizione sonora che sembra non conoscere ordine e soprattutto ricca di fonti stilistiche rintracciate ovunque nell’oceanico panorama musicale mondiale (…quella mania di collezionare dischi!).
La stesura dei loro brani è quella di un copione dark ambient fatto di spessi tappeti, intrusioni industriali, battiti risonanti ed isolate fughe ritmiche, elementi che in sostanza varranno come pilastri descrittivi di tutta la musica targata Demdike Stare a venire.
Arriviamo a noi. Nel 2010 vengono pubblicati 3 dischi, in ordine Forest Of Evil, Liberation Through Hearing e Voices Of Dust, questa è stata la vera esplosione di un duo che finalmente è riuscito a rappresentare un idea tra le più complesse attraverso un suono personale ed innovativo, un po’ il sogno di ogni produttore di musica elettronica, un risultato che a ben vedere, però, appartiene a poche, pochissime persone.
Il progetto era proprio quello di una trilogia, svelata finalmente con questo Tryptych, un cofanetto che raccoglie i tre dischi pubblicati come sempre in edizione limitata su vinile in altrettanti cd corredati da ulteriori 6 brani inediti.
La visione d’insieme è a questo punto incredibile e l’unica cosa che possiamo fare è portare testimonianza di come il loro universo sia un autentico caleidoscopio sonoro nel quale l’ambient è soltanto un punto di partenza e di conseguente approdo per ogni sorta di sperimentazione.
Dal punto di vista “motorio”, se così possiamo definirlo, sono delineabili due correnti espresse sempre con il solito mood pacato identificabili nella techno e nella dubstep, entrambe reinterpretate secondo una tetra visione comprendente incarnazioni che in più occasioni puntano ad un estetica mediorientale ben marcata.
Delle due è forse la dubstep ad essere chiamata più volte in causa attraverso una serie di brani dove le frequenze basse vanno in qualche modo a sostituirsi ai vari sottofondi utilizzati nei brani ambient, trainando con il loro movimento tellurico i momenti più concitati dei tre dischi.
La grossa mole di lavoro si svolge comunque in un territorio non esattamente definibile che fa capo a dei brani dal forte potere evocativo in bilico tra il soundtracking più colto ed il filone dark ambient.
I due artisti infatti amano partire da basi create per mezzo di drones per poi andar a ricamare delle tessiture complesse con ogni sorta di campione sonoro, ed è proprio in queste costruzioni barocche che abbiamo il meglio dalla loro musica, riuscendo tra l’altro a seguire nel dettaglio la costruzione di ogni brano.
L’unico esempio che mi sento di illustrare riguarda un brano inserito come extra nel secondo cd, una session dal nome “Library Of Solomon Book 2”, nove minuti e trentanove secondi identificabili come il bignami della musica targata Demdike Stare.
Drones introduttivi che si propagano nel buio accompagnati da scampanii e luccichii vari, un senso d’oppressione che man mano diventa tangibile, poi un punto di rottura proveniente dall’oriente per pochissimi secondi ci risveglia dall’ipnosi ed annuncia l’arrivo di una cassa in quattro che sale vertiginosamente per poi rientrare e piazzarsi nel sottosuolo, mentre in superficie accade ancora qualcosa di sorprendente, un nuovo flusso di suoni orientali a spargere colore e meraviglia fino alla chiusura.
Vedetela così, come un’ estetica sorprendente, come un viaggio dalla destinazione ignota, come una musica bella d’ascoltare composta da due artisti passionali e voraci, forte di un’identità solida che solo lo studio, la profonda conoscenza e l’innata curiosità ti possono dare.
Ora Elizabeth può riposare in pace.