Personaggio bizzarro David Gardner, così come bizzarra, curiosa e ai limiti della verosimiglianza la vicenda biografico-musicale che ha accompagnato la gestazione di “Meteorology”.
La storia vuole che Gardner, in parte deluso dalla vita a Berlino, dove si era stabilito approdandovi da Vancouver, decida di abbandonare la capitale tedesca per abbracciare uno stile di vita più sobrio e ‘selvaggio’ in una remota isola dell’Oceano Pacifico situata proprio di fronte alle coste canadesi: una sorta di ritorno alle origini secondo più punti di vista, sia per l’impatto con un tipo di vita semplice e primordiale, sia per il riavvicinamento alle proprie radici.
Da qui la scelta del titolo, “Meteorology”, che rivela i diversi stati d’animo vissuti da Gardner (durante l’esilio si conta anche una rottura sentimentale) e le diverse fasi creative che, oltre ad aver condizionato le registrazioni dell’album, ne hanno influenzato l’approccio compositivo e musicale.
Al di là di questa presentazione insolita, la musica di Frivolous presenta spunti interessanti e tratti originali uniti a soluzioni spesso brillanti.
Una personalità musicale piuttosto delineata la sua, contraddistinta da un’esuberanza nella scelta degli elementi e nella costruzione e sviluppo dei brani che rivela una buona capacità di padroneggiare situazioni diverse.
Non ultimo, il riuscito accostamento tra campioni esotici e sonorità tech-house che rappresenta la vera particolarità e la cifra stilistica di “Meteorology”.
“Allentown Jail” entra subito nel vivo della narrazione con un malinconico groove boogie-house circolare che continua nelle battute sincopate di “Cryin'”, il cui titolo è spiegabile con il cantato incomprensibile e lamentoso. “Back Into The Deep” è notevole e davvero profonda, avvolgente e con evidenti derive acid, “Red Tide” (che suona molto Noze) e “Cinemascopique” proseguono nel percorso indicato da brani come “Cryin” o “Back Into The Deep”.
In mezzo, anche due esperimenti introspettivi come “Lunar Phaser” e “Serenade De Excentriques”.
“Meteorology” è un album gradevole, bizzarro e, a tratti, piacevolmente malinconico.