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Album Reviews /

Virgo Four Resurrection

  • Label / Rush Hour Recordings
  • Catalog /
  • Format /
  • Released / Marzo 2011
  • Style /
  • Rating /
    10/101
Virgo Four - Resurrection

Alcune storie filano via lisce sui binari dell’immortalità e tramandano vecchie e polverose conoscenze con quel bramoso velo d’oscurità che definisce e contraddistingue episodi degni d’esser mirati con la curiosità dei bambini, con quella consecutiva esaltazione e vergine gioia che ha reso e continua a rendere tutto più bello. Proprio con questo approccio credo che la Rush Hours abbia affrontato, domato e saputo gestire nei modi e nei tempi adeguati il caso musicale più eclatante di sempre.

Succedeva a Chicago nel 1989, un connubio che sprigiona, senza bisogno di ulteriori provocazioni, le fiamme dell’inferno.
Due alfieri come Merwyn Sanders ed Eric Lewis in un mostro di perfezionistica previsione dal nome Virgo, un monolite house, dove per house intendiamo il mondo intero, l’innalzamento del groove rapportato alle più terrene deviazioni stilistiche.
Virgo era tutto questo, lo era prima e lo era meglio di ogni altra cosa prodotta a Chicago, questo perché oltre la forza esplosiva dei singoli simbolo di quella generazione questo album ha conservato negli anni un sapore futuristico dovuto alla perfetta simbiosi produttiva dei due, che hanno saputo costruire attraverso il suono dei brani non soggetti ad invecchiamento.

E’ del 2010 la ristampa del favoloso cimelio da parte della Rush Hours che ha avuto il genio e la prontezza di portare di nuovo sull’altare questo oggetto non identificato che è riuscito finalmente a vedersi attribuita la gloria ed il merito dovuto.
Qualcosa che con il senno di poi va oltre le intuizioni dei grandi maestri sempre citati in ogni occasione.
La loro era una creatività complessa, stratiforme ed indagatrice, non faceva muro su una sola delle estetiche “chicagoane” ma le abbracciava tutte, riuscendo ad immedesimarsi con risultati eccellenti in ogni venatura.

Pensammo tutti fosse finita lì, come spesso accade per le ristampe di grandi dischi, o che nella peggiore delle ipotesi gli stessi tornassero in una di quelle tristi reunion alle quali spesso e volentieri ci hanno abituati, invece no, la Rush Hours ha continuato a battere il ferro proprio dov’era ancora caldo, in quell’eccezionale momento creativo nel quale Sanders & Lewis erano incendiati ed incendiari e componevano a raffica beats e grooves per la maggior parte rimasti sepolti su archivi DAT accantonati in sporche soffitte.
Ora quell’enorme mole di dati è stata spolverata, rimasterizzata e messa in commercio in un grandioso box di 5 vinili ed in un cd e contiene una valanga di gemme che rafforzano in maniera determinante la convinzione che questo duo sia stato un mostro quanto mai determinante e che ha descritto forse per la prima volta in maniera compiuta l’House Music di Chicago.

Resurrection (questo il nome del lavoro) è lo specchio dell’anima, ed è lo strumento più valido per cogliere la vastità dell’house music che da sempre, specialmente nell’area del’ Illinois, ha compreso innumerevoli sottogeneri alimentati da varie correnti musicali.

In un impianto sostanzialmente deep, si rincorrono espressioni Jack originarie come “Silence”, “Crayon Box”, la dirompente “Moskaw” o la progressiva ed acida “The Mop”, in tutte un modo di osare nuovo che già apriva la strada a sperimentazioni (poi identificate con il taglio europeo di artisti come Sasha, John Digweed o Steve Lawler) che in realtà, ed ora possiamo veramente rendercene conto, partivano da ben più lontano.

C’è inoltre tutto un gioco di piano house e partiture romantiche (a volte giocate in maniera sublime grazie all’utilizzo di voce e chitarra) come in “In the valley”, “Sex”, “Crayon Box”, “It’s a crine”, “Lost inside of you” o “Sexual Behavior”, anche qui sprigionanti una serie di ammortizzamenti che tendono la mano ad estetiche trance e psichedeliche.

In alcuni casi è bene invece isolare i brani, causa un’indefinibile natura che ne consacra l’unicità, avviene in prime donne come “Boing” o “Look into tour eyes”, veri mantra che dipingono collegamenti tra melodie in chiave vintage e strutture ritmiche solidissime che puntano dritte al futuro.

C’è dell’altro. I Virgo sono tornati ad esibirsi in pubblico (ed ecco che torna a galla la storia delle reunion) ma a giudicare dai racconti e dai filmati già rintracciabili in rete si tratta di uno spettacolo avvincente e dannatamente superiore alla maggior parte delle esibizioni che improvvisati promoter vi spacciano come live.

In definitiva uno strumento perfetto e scientifico per far vostra la cultura House oltre che un disco ricolmo di musica superba.

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