Immaginate una donna di struggente bellezza nata nel 1932 dedicare la sua vita alla modulazione del suono, sperimentando attraverso l’utilizzo di macchine analogiche a lungo studiate, sezionate e spremute, spingendosi verso l’ignoto attraverso un modo di rappresentare il suono via via più astratto e radicale, difficilmente assimilabile ora, figuratevi nel 1973, quando l’opera in questione, Transamorem – Transmortem è stata composta da Eliane.
A dire il vero molta della musica di Eliane è stata riscoperta soltanto negli ultimi anni grazie al certosino lavoro di Lionel Marchetti, compositore ed ingegnere del suono che è venuto a contatto con queste registrazioni innamorandosene letteralmente.
Il problema della diffusione della musica di Eliane è stato sempre legato alla lunghezza delle composizioni, che spesso e volentieri superava la durata di un ora e quindi era difficilmente replicabile su vinile. Problema risolto con l’avvento del digitale, ed è proprio grazie a questo che Transamorem – Transmortem torna a vedere di nuovo la luce dopo circa 40 anni dalla stesura.
Sono sessantasette minuti di frequenze buie, continue, aggrovigliate. Un flusso comunque delicatissimo dove le micro-variazioni giocano una parte fondamentale nell’ascolto. E’ un tunnel, senza mezzi termini, se la parola pensiate sia abusata ed abbia perso ormai credibilità, provate a resettare nella vostra mente tutti i superficiali accostamenti ai quali è stata posta e riconciliatevi con il suo significato nativo, che è quello che maggiormente rappresenterà l’ascolto di questo disco.
Una lunga linea oscura.