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Album Reviews /

Buckminster Fuzeboard Funny Noises

  • Label / Psychonavigation Records
  • Catalog /
  • Format /
  • Released / Agosto 2011
  • Style / ,
  • Rating /
    8/101
Buckminster Fuzeboard - Funny Noises

Dave Fuller dal Colorado, terzo album all’attivo, ora su una label che è sempre un piacere, la Psychonavigation Records, un’etichetta irlandese rimasta ancorata ad un concetto di musica underground primigenio, facendo poco rumore ha sempre garantito standard qualitativi di spessore garantendosi un pubblico di cultori che continuano a seguirne le audaci ed eleganti proposte.

Non fa eccezione questo album che prende il titolo di Funny Noises, straordinario esempio di come si possa continuar a sperimentare tenendo l’indice puntato sull’eleganza e sulla melodia.
Un disco che sin dal primo ascolto riesce a catturare l’attenzione grazie alle sue magnetiche vibre che a conti fatti appartengono all’intera stesura.

L’iniziale “Funny Noises” che dà il titolo al lavoro colpisce i reconditi spazi della memoria regalando un accordo soffuso in odor di ambient/trip hop che credo farà uscir dalle nebbie più di qualche spettro. Un ritmo che potremmo definire soave oltre che grasso e profondo trascina i synth in un viaggio spaziale circondado di ombre dub ed audaci click elettrici.

“The Numbers” ne raccoglie l’eredità ritmica per dar sfoggio ad un down tempo speziato formato da un’andirivieni di sinusoidi effettate e linee basse che fanno tremare il ventre ad ogni passaggio.
S’inabissa nel buio “Bright-Out”, sprofondando dentro i suoi tappeti ipnotici ed il ritmo dilatato. Interviene un solo indefinibile che sa di jazz spaziale, per intensi, brevi momenti, un tempo sufficiente a farci godere del genio.
A seguire una serie di brevi trick subacquei a tener frenetica la scaletta che torna di nuovo a dilatarsi sulle colline lunari di  “Concentration Synapses”, una distorta visione notturna persa tra metallici accenni ritmici ed un sottofondo melodico commovente fatto incredibilmente interagire con dei soffusi campioni vocali.

“The Reader” gioca con rumore sporco e batteria di nuovo in odor di jazz, liberando strane lucciole elettroniche che nel loro volo creano scie luminose instabili ed inafferrabili.
“Elegant Timepiece” ci seduce da subito col campionamento della voce di un neonato che lascia spazio ad un inteludio fatto da disordinati battiti subito riallineati in una sfuggente suite dub tanto astratta quanto rilassante.
Un disco che riesce ad impegnare la mente gratificandola per lo sforzo grazie ad una costruzione coraggiosa e sapiente, qualcosa che per costituzione tende a rimanere, un disco che potrete tirar fuori tra qualche anno senza la paura di trovarvi tra le mani un prodotto scaduto. Buon viaggio.  

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