Terzo album solista per Ulrich Troyer, musicista austriaco che fin’ora ha proposto un suono sperimentale sempre caratterizzato da strutture libere dove a scontrarsi erano sempre elementi digitali contrapposti ad altri squisitamente strumentali. Ancora lo abbiamo visto protagonista in quel magico collettivo che è la Vegetable Orchestra, che nei primi anni di attività ci ha stupiti in live sempre sensazionali e ad alto tasso di groove biodegradabili.
Ora quella che considero la sua prova in solitario più valida: “Songs for Williams”, album ospitato dalla larga visione della Deep Medi Musik, label fondata da quei due bravi ragazzi che sono Mala e Digital Mystikz.
Un lavoro che sposta l’asse sperimentale di Troyer dentro una dimensione Dub sofisticatissima che ci regala di continuo sorprese e spunti interessantissimi.
A gravitare nell’orbita sono scritture finalmente compiute che come nel caso di “Eurocity to Munich” riescono a far convivere tastiere, percussioni e bassi in una sorta di reggae digitale visto al rallentatore, denso di fumi e pregno d’odori, di tagli e break che insieme compongono una struttura per niente semplice ma di sicura godibilità.
Caratteristiche che ritroveremo spesso nell’album, che man mano svela un amore viscerale per il dub, non lesinando nulla nella scelta dei suoni e delle ritmiche.
La componente sperimentale nonostante tutto rimane sempre in primo piano, quelle operate sono delle soluzioni dinamiche, che di brano in brano variano includendo di volta in volta timbriche e sovrapposizioni differenti. “At the workshop” è in questo un chiaro esempio di come si possano fondere con ottimi risultati frequenze dub oscure, droni sotterranei e grezzi frammenti sonori che rimandano ad alcune composizioni “warpiane” che ora verrebbero definite old school.
In definitiva un ottimo album d’ascolto che punta su una commistione di melodia (principalmente piano e chitarra) ed estetica dub, con il solo difetto, soprattutto nei brani finali, di cercare troppo una via all’astrattismo di cui francamente nessuno sentiva il bisogno.