Chiuso, non è dato sapersi se definitivamente, il progetto Vex’d (forse uno dei più intensi e profondi scorci dubstep intercettati negli anni) Jamie Teasdale e Roly Porter decidono di intraprendere due strade ben distinte.
Il primo è da poco fuori con un nuovo progetto su Planet Mu dal nome Kuedo, mentre il secondo esce su Subtext, label che se non vado errato dovrebbe anche appartenergli.
Su Kuedo forse torneremo più avanti, ma quello che attira la nostra attenzione al momento è senz’altro l’oscuro album di Porter.
La Subtext ci aveva già sedotti con un disco non del tutto perfetto (Demiurge di Emptyset) ma portavoce di un messaggio che non lasciava intendere altro, ovvero che la linea da lì in avanti avrebbe puntato dritto in profondità, sperimentando nuove soluzioni che defilandosi dal dubstep andassero ad insinuarsi in territori ambient, drone, dub e techno cercando di reinterpretarne dinamicamente la forma.
Roly Porter sceglie una via se vogliamo ancora più tortuosa, quella delle melodie classicheggianti intrise di vigore dark ambient. Le sue tastiere intonano note struggenti, vibrano corde che sembrano rincorrere l’anima per poi deflagrarne i contorni.
Tutto sembra correr via liscio fino al momento in cui il suono comincia a sgretolarsi, a rompere quegli stilemi classici lasciati intendere in partenza per dar forza a nuove idee.
E’ così che assistiamo incantati a questo limpido segnale che sembra seguire la strada dell’autodistruzione, operando bruschi inserimenti elettronici sul nativo suono del piano e del violoncello.
A far da contorno troviamo territori aspri, desertici, impianti drone modellati ed assottigliati dal freddo ed ancora echi di metalli vibrati in lontananza. Per certi versi sembra di imbattersi in qualche lavoro dei Demdike Stare, con la differenza che questi sono forse più soliti inserire ricordi musicali di paesi lontani, mentre la musica di Porter sembra saldamente ancorata a qualche marittima cittadina del nord, magari grigia e dimenticata, ma ricca di storia, sofferenze e mari in burrasca.
Se avete amato i Vex’d di Degenerate qui potrete ascoltarne il lato più intimo e viscerale, quello spoglio del ritmo e della cattiveria ma non della rabbia, sentimento che ritengo rappresentato nella maniera più sentita che possiate immaginare.
Esce fuori pian piano, vi circonda e se mai possibile vi fa sentire più soli.