Steven Wilson in una delle sue incarnazioni più oscure, quel Bass Communion che slega la mente dei Porcupine Tree dal lato psichedelico della faccenda per inoltrarlo nella coltre di nebbie dove osare diventa la regola.
Questo Cenotaph arriva a due anni di distanza dal precedente “Chiaroscuro” ed è legato alla session di registrazione effettuata per “Grace For Drowning”, album uscito un paio di mesi fa con il suo nome.
Sappiamo che ci sono delle differenze con la versione in vinile, ma quella di cui vi parliamo, ovvero la release in cd contiene una serie di applicazioni a mio avviso molto interessanti. Ad eccezione di “Cenotaph (r)” infatti, tutti gli altri brani vedono un’architettura ritmica eccezionale, con battiti regolare che spostano l’indice descrittivo della musica di Steve in una sorta di dub techno soffocata.
Tutto avviene al limite della percettibilità, con delle lunghissime session di drones a susseguirsi creando tappeti ambient al solito sofisticatissimi ed impreziositi da polveri sottili, micro frammenti metallici e schegge di fuoco. Ma dove si materializza l’elemento di novità è proprio in quei sub-bassi regolari e, ripeto, incredibilmente affossati che vi si materializzeranno come un eco di sottofondo, ma talmente gradevole da risultare di fatto in primo piano.
Quattro brani lunghissimi, tutti intorno ai venti minuti, un viaggio unico nelle pieghe di quelli che potrebbero esser definiti di fatto i rumori b-side della vita. Un desolato panorama urbano che sembra riflettere l’isolamento di certe periferie ancora troppo lontane dall’esser nucleo, un suono che riflette un mondo nel mondo e che fa riflettere su quanto alcuni distacchi siano tutt’ora troppo marcati.
Steven Wilson continua ad incarnare quell’ala estremista della narrazione contemporanea, quella dove la musica ricopre un ruolo fondamentale nell’analisi di alcune vite vissute in sofferenza, quella dove il suono è portavoce di un messaggio sociale forte quanto le prime dichiarazioni detroitiane di casa UR. Certo i timbri sono altra cosa ma il messaggio mantiene intatta quella forza ideologica derivante dal disagio.