Poche volte l’immagine di copertina di un disco è stata tanto vicina a descrivere le dinamiche dei suoni che contiene. L’andamento leggermente increspato di una superficie d’acqua, la continua ripetizione modulare delle onde, la fluidità dell’elemento stesso rispecchiano in tutto le caratteristiche salienti di questo lavoro: un “lasciar andare” i suoni, le note e gli echi ad un rincorrersi lieto ma anche rassegnato a leggi sovrastanti.
“Flumina” è il secondo frutto di una collaborazione nata nel 2007 con “Cendre” dove il compositore Sakamoto e il produttore Fennesz creavano uno spazio di incontro fra due linguaggi – l’acustica e l’elettronica – ben definiti. La formula non cambia. La presenza dei due è distinguibile lungo tutto l’ascolto: Sakamoto è al pianoforte, Fennesz ad un chitarra estremamente processata da effetti sonori, praticamente snaturata, e a vari sintetizzatori che creano un tappeto di suoni in sottofondo, dilatati e vasti.
Si può ascoltare il disco, credo, in due modi.
Il primo è un approccio attivo e temo che lascerà delusi gli ascoltatori: vista la lunghezza di questa produzione, che è divisa in due CD per un totale di quasi due ore di musica, e considerato lo stile di Sakamoto, molto essenziale, risulta facile rendersi conto che in fondo a questi brani manca qualcosa.
Prima di tutto si sente la carenza di suoni bassi, di cui i nostri musicisti sono stati molto avari – ma evidentemente fa parte di una scelta consapevole e ponderata volta a comunicare un feeling più etereo e vaporoso.
Forse però manca anche un po’ di struttura, non tanto in senso di composizione quanto in un senso più generale, direi quasi di sovra-struttura.
“Flumina”, infatti, è stato posizionato su uno spartiacque: da un lato la melodia, per quanto essenziale, e la ponderatezza; dall’altro, il suono quasi randomico di frequenze mai invasive ma caotiche, una sorta di rumore di fondo che conferisce al disco il suo vero aspetto peculiare. Tuttavia proprio a causa di questa posizione di mezzo, il disco non sembra propendere né per una parte né per l’altra, e alla lunga nasce il dubbio che ciò non sia tanto una scelta consapevole quanto un’incapacità di dargli un senso più chiaro.
L’altro approccio, invece, può essere di ascolto passivo ed in questo senso “Flumina” è un ottimo lavoro: ritrasforma l’ambiente di ascolto in un paesaggio laconico e un po’ nostalgico, solitario ed introspettivo. E’ perfetto per calmare la mente e favorire uno sguardo interiore. E’ in questo senso, forse, che è meglio interpretarlo, soprattutto se si condividono le posizioni di Brian Eno riguardo alla musica ambient.
E’ proprio ad Eno, comunque, che si pensa sovente durante l’ascolto: non tanto rispetto al suo incredibile “Music for Airports” quanto per una collaborazione successiva con il pianista Harold Budd che portò alla realizzazione di quello che, a mio modesto avviso, è uno dei dischi più belli della storia dell’ambient music: “The Pearl”, pubblicato nel 1984. “Flumina” strizza l’occhio molto spesso a questo lavoro e, sebbene lo stile di Sakamoto sia più essenziale e meno melodico di quello di Budd, si intravede un filo rosso che li lega.
In definitiva, se vi è piaciuto il lavoro di Eno e Budd, forse “Flumina” potrà interessarvi e in qualche modo consegnarvi qualcosa di nuovo. Se invece non lo conoscete, lasciate pure da parte Fennesz e Sakamoto, per il momento, e dedicate un’ora del vostro tempo all’ascolto di quel capolavoro che è “The Pearl”.