Torna la Psychonavigation Records assicurandosi un nuovo lavoro del veterano Roger Doyle, qui alla seconda prova per la label irlandese ma artista con un passato prestigiosissimo fatto di sperimentazione, design d’atmosfere e modulazione del suono ambient.
Un artista con una grande visione che non manca di trasferire intatta in questo bellissimo disco che gira ininterrottamente da settimane nel mio lettore.
Chalant-Memento Mori, questo il titolo dell’album, offre un viaggio completo tra le pieghe emozionanti della levatura artistica di Doyle che usa il pianoforte con fare sussurrato, liberando poche, fondamentali note che abilmente combina all’utilizzo della voce e degli interventi elettronici.
Ogni elemento è preso in piccola parte, in un lavoro che mira fondamentalmente ad eliminare le parti residue per offrire il meglio di sé con poche piccole mosse. Il bello è che tutto questo lavoro non va per nulla a scalfire la struttura del disco che scorre delicato regalandoci notevoli picchi dove pianoforte, voce ed elettronica riempiono tutto lo spazio intorno per addensare l’aria a suon di note.
Un disco notturno, con atmosfere comunque cupe nella loro dolcezza, il pianoforte a volte pizzicato per rendere più accattivanti alcuni passaggi che suonano come metallo scosso lanciando echi striduli che si dipanano da solitarie note istigate nel vuoto. I silenzi, ben dispensati lungo tutto il cammino sono una delle caratteristiche che più amplificano questa innata predisposizione al minimalismo, sono brani progettati per far suonare distinte le varie componenti, è infatti usuale trovarsi di fronte ad assoli di piano, intervallati soltanto da qualche striminzito field recordings e dagli spoken vocali soltanto appena effettati.
E’ un disco maturo per ascolti solitari, è la bellezza del suono che trascende dall’essere elettronico o sinfonico. Il ritmo compare a sprazzi, accompagnando pochi ma fondamentali momenti, ritmo anch’esso diviso tra una componente elettronica ed una più basica e naturale come la percussione su qualsivoglia superficie. Un caso che trova la quadra nella bellissima “Ahmad Melodies” con quel suo battito tribale accompagnato da un canto di terre lontane e da un tappeto melodico profondo ed avvolgente.