Un gran bel disco, tutto italiano, a partire dall’artista: Emiliano Pennisi con il suo moniker Avenir, ad arrivare all’etichetta, la Strictly Groove Records di Marco Febbraro, vecchia conoscenza orbitante nelle grazie dei furono Maffia ed Ultra Tomato.
Album di debutto per Avenir, che non si risparmia mettendo a fuoco undici brani in un ampio ventaglio stilistico che non lesina di stupirci con partiture che forse potrebbero risultare ostiche (visti i tempi di stallo della musica in generale) perchè avventurate in dimenticati antri trip hop o broken beat, ma di sicuro coraggiosi e confezionati con gusto.
Un approccio comunque orientato alla melodia, sin dal brano d’apertura (Jon’s Broken Antenna) che muove un basso sinuoso su un ritmo spezzato di gran pregio che si serve inoltre di preziose rifiniture di piano ed elettronica, oltre che della voce dello sconosciuto Jonathan Cairns.
“To Skip!” cerca di raggiungere una dimensione dance passando per un tortuoso percorso d’apertura fatto da cutting e composing di stramberie campionate per poi sfociare nel ritmo con accenti tribali che dopo la metà del pezzo va in acido per regalarci alcuni minuti di preziosa, inusuale dance music.
La successiva “594” sprofonda in un atmosfera gotica con alcuni riferimenti ’80 in un buon esercizio di stile che si lascia ascoltare con piacere.
“Broken Iranian Broadcast” riprende con un accenno il discorso dance per poi virare in uno strumentale di musica iraniana per quella che mi sembra una chitarra, evidenziando come le strutture di tutti i suoi brani non siano mai pensate per un andamento lineare, bensì mostrando una dinamica pronta ad offrire continui cambi di visione. Il brano è mixato direttamente dentro il successivo “Shrinkage” un esempio di dance minimal/etnica che non aggiunge nulla alla storia.
Con “Bye Feat. Shorty” si addentra in un pop elettronico molto ben articolato, con l’elettronica a pieno supporto della voce, un ritmo delicato che sostiene comunque con vigore il pezzo ed un ottimo lavoro compositivo pronto a sonorizzare caldi tramonti.
“Dancing In Outer Space” si tuffa in house con un buon groove e sospensioni astrali tra basso, synth e chitarrona, un brano di gran pregio. ”Make Up!” segue l’onda con toni più sotterranei e campioni vocali old school.
Ancora “Incorrect Usage” in questo corridoio house notturno questa volta in un suono complesso perso tra sirene Daftpunkiane, tastiere di gran pregio, attimi vocali e grandi cavalcate ritmiche.
Il brano di chiusura è una scrittura cinematica molto ben assestata con inserti rimici spezzati in sottofondo, tappeti di synth e molta atmosfera.
Un grande debutto che ci fa ben sperare per il futuro, basta soltanto limare qualche eccesso.