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Album Reviews /

Various This Ain’t Chicago

  • Label / Strut
  • Catalog /
  • Format /
  • Released / 06/2012
  • Style / ,
  • Rating /
    8/101
VA - This Ain't Chicago

La Strut Records continua ad essere magicamente assorbita dall’opera di recupero filologico musicale, tanto che questa volta ci regala una compilation di grandissimo valore che va a circoscrivere e riportare alla luce una serie di gemme Uk House ed Acid House racchiuse nel periodo 1987-1991.

La selezione è affidata a Richard Sen, uno di quelli che c’era al Big Bang dell’acid house britannica. Dj resident al Crazy Club e grandissimo appassionato del fenomeno Acid/Ecstasy che storicamente invase tutta l’Inghilterra. Sen è inoltre musicista nei Bronx Dogs e nei più conosciuti Padded Cell.

La raccolta viene pubblicata sia in formato doppio cd che doppio vinile ovviamente con alcuni brani mancanti.

Quello in mio possesso è il primo dei formati, un insieme di 23 brani che chiudono un cerchio intorno ad una serie di produzioni che non hanno avuto magari il furore del popolo ma che sono rappresentative di una manciata di anni nei quali il sudore ha rappresentato il collante più diffuso.

Grazie a Sen riscopriamo oltre a grandissimi brani acid anche perle nascoste dallo spirito romantico come “Jealousy And Lies” di Julian Johan o “Mentality” di Jailbreak. Un primo cd che punta sicuramente a mostrare il lato intimo della questione, un focus sulla melodia e sulle emozioni veramente alto. La stessa “Crashing” di Baby Ford è un vero e proprio squarcio nel petto e mette in mostra quanto Chicago abbia influenzato quel periodo da tutti ricordato con calore e nostalgia. La chiusura del primo cd è poi qualcosa di epico ed allo stesso tempo dolce ed infuocato, “inflight” di Rohan Delano è un must nascosto per tutti gli house lovers!

Il secondo cd punta a rappresentare invece la vera potenza dell’house music, quel battito potente e destabilizzante che ha accompagnato migliaia di corpi attraverso notti folli e magiche. Qui è la chiave deep ad essere messa in risalto, anche quando la bassline suona in primo piano come in “Show Me What You Got” di The E.L.F. o in “Born In The North” di Us. Una cosa è certa, in quel periodo i disc jockey facevano di tutto per colpire contemporaneamente al cuore, al corpo ed alla mente. In questa compilation è chiaro il ruolo che giocava la musica in quel contesto, quello di esaltare ed amplificare al massimo le potenzialità dell’ecstasy (o forse era il contrario?!), fatto sta che musica e chimica riuscirono a legare in maniera assolutamente naturale, e, grazie a questi brani favorendo stati d’animo “in love”.

Anche qui occhio alla chiusura, “Dream 17” di Annette è anima, cuore e corpo.

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