La prima cosa che colpisce è la dedica. A Giorgio. Sulla seconda di copertina, inchiostro nero su fondo bianco.
Un flashback che fa salire le lacrime agli occhi, un visionario come Giorgio Mortari, Roma, non l’avrà mai più.
Ed il ricordo colpisce duro, come quell’inchiostro nero sul cartoncino bianco, immacolato.
Poco più di un anno fa compariva sul blog di Dissonanze un post pubblicato proprio da Giorgio, un articolo dove la voce narrante era però quella dello stesso De Raymondi.
“Oguz Buyukberber è un grande virtuoso del clarinetto, un musicista raro che ha costruito il suo originale linguaggio padroneggiando le tradizioni della musica classica europea – da Bach a Stockhausen e oltre -, del Jazz americano, della musica tradizionale turca.
Ci siamo incontrati in settembre a Berlino, con l’idea di registrare una serie di improvvisazioni elettro-acustiche in duo, la stessa formazione che avevamo sperimentato per la nostra prima collaborazione dal vivo, a Istanbul, nell’aprile del 2010. Invece, grazie al mio amico Jacopo Carreras, abbiamo avuto la fortuna di trovare questo grande loft, completamente vuoto, dall’acustica straordinaria, e abbiamo immediatamente scelto una soluzione diversa: registrare le improvvisazioni di Oguz liberamente ispirate dal luogo. Io avrei successivamente rielaborato il materiale per vie digitali.
Doppiamente fortunati, perché solo un mese dopo il loft e’ stato venduto e ristrutturato: siamo stati gli ultimi ad ascoltare la voce indicibile di un luogo che ora non c’e’ più.”
L’articolo descrive con perizia ed entusiasmo quei momenti passati nel loft Berlinese, e spiega in tutto e per tutto la gestazione di questo album di debutto targato De Raymondi e pubblicato dalla a me finora sconosciuta ZerOKilled Music.
Dieci brani che sono il frutto del lavoro di variazione applicato da De Raymondi sulle registrazioni delle improvvisazioni di Oguz Buyukberber, un album denso dove a colpire sono le sfumature, quel certosino e delicato lavoro di addizione e dosaggio che ha permesso di combinare la matrice impro con la successiva rielaborazione in maniera del tutto naturale.
Il disco ci fa godere di questi grandi assoli di clarinetto che in determinate circostanze sembrano ululati al chiarore della luna, un’ambientazione noir nella quale il gioco di luci è fondamentale tanto quanto i riverberi del perduto loft sito in Kreuzberg.
Contrariamente a quanto si possa immaginare le dinamiche del disco sono molto assimilabili, questo anche grazie ad una post produzione intelligente che ha fatto in modo che l’elemento sperimentale non andasse a sovrastare completamente la fruizione stessa della musica. Immaginate un suono ambient ricco, pieno di colpi di scena, istantanee che tendono però a rimanere impresse nella memoria, melodie adulte, rifiniture di microsuoni sottili, note come petali che si adagiano sul terreno, infine, la sensazione di star ad ascoltare qualcosa di nuovo, qualcosa che, pensateci bene, è proprio il riflesso dei momenti più alti di Dissonanze, il suo riflesso.
Ciao Giorgio.