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Album Reviews /

Lee Gamble Dutch Tvaschar Plumes

  • Label / PAN
  • Catalog /
  • Format /
  • Released / 11/2012
  • Style /
  • Rating /
    8/101
PAN36

E’ un approccio originale, e dal piglio decisamente sperimentale e scientifico, quello del produttore inglese, abbinato ad un accurato lavoro sulle architetture ritmiche e sulla sintassi armonico-strutturale, che si completa, a livello estetico, già a partire dai titoli enigmatici che contribuiscono a rendere l’idea della sua musica, oltre a trasmettere e restituirne, insieme all’artwork del progetto, la visione futuristica.

Un metodo completamente nuovo, che parte da prospettive diverse rispetto all’album “Diversions 1994-1996”, uscito anch’esso di recente e che rielaborava solamente campionamenti provenienti dal suo archivio personale di nastri jungle, di cui Gamble fu un fervente appassionato all’epoca.
Nel caso specifico, al contrario, si parte dall’impiego e dallo studio di software per creare musica elettronica improvvisata o, se preferite, più semplicemente musica elettronica d’avanguardia.

Occorre tuttavia superare abbondantemente il primo minuto di “Skorokhodz” per incrociare i primi spiragli di melodia e per intuire che la collezione dei dieci brani qui raccolti non è poi così inaccessibile, conferma che giunge puntuale negli avvincenti quattro minuti dalla cassa sostenuta di “Plos 97s”, in qualche modo proseguiti nei toni cupi della techno ‘canonica’, stemperata comunque dai ricami atmosferici, di “ExpRand Trace”.

“Coma Skank (BinoConverge Mix)” riesce ad imporsi, in un’ipotetica parte centrale del lavoro, quale un eccellente brano straordinariamente complementare ai migliori esperimenti dei più lucidi e brillanti esploratori ambient-techno in circolazione, ovvero sei minuti in cui convivono in modo del tutto naturale tensione costante e ritmi obliqui, a tratti solo apparentemente fuori fase.
A seguire, nell’incessante continuità sonora, le profondità sospese, dal curioso effetto subacqueo, della breve “ExpRand Trace” trovano l’ideale controparte nei suoni introspettivi, dalle suggestioni quasi gamelan, di “Overund”.

Le svisate incalzanti, atte a disegnare scenari dai toni detroitiani, di “Nowhen Hooks” preparano il finale, placandosi nel labirinto dalle fitte trame intricate di “Tvash Kwawar” e terminando negli incontri ravvicinati del terzo tipo del brano conclusivo “Kuang Shaped Prowla”, ideale colonna sonora di telefilm di fantascienza anni settanta.

“Dutch Tvaschar Plumes” è pertanto un ascolto caldamente consigliato per compiere un’immersione in un’odissea, o meglio, un atterraggio in una galassia elettronica dalle dimensioni e dai confini indefiniti, ma in piena espansione.

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