La DiN è sempre stata una label molto riservata, un piccolo orto dove vengono coltivati frutti sinceri che non soffrono le intemperie e maturano pian piano. Sin dai primi ’90 l’etichetta fondata dal grande Ian Boddy (musicista di Newcastle con all’attivo qualcosa come una trentina d’album di ambient music) ha proposto una linea musicale raffinatissima andando a scovare talenti che sapessero esprimersi soltanto con la musica e non con i nomi, creando di fatto un piccolo culto sotterraneo di appassionati che badano alla sostanza e scavano in profondità alla ricerca di musica di valore.
Al numero quarantuno di questo splendido catalogo troviamo questo piccolo capolavoro deep creato dai Parallel Worlds insieme a Dave Bessell. I primi due musicisti greci appassionati di synths modulari vintage che rispondo ai nomi di Bakis Sirros e John Sirros (ormai al quarto album per la DiN), il secondo, un nome che viene dal passato, troviamo infatti traccia di Dave Bessell in uno degli album ambient più belli dei ’90, quel progetto intitolato Node e pubblicato dalla Deviant Records che è un autentico monolite nella storia del genere.
Il disco, intitolato Morphogenic, è stato registrato nell’arco di un anno utilizzando una distesa di macchine (Euro/Doepfer, Serge, Buchla 200e modulars, MS20, Odyssey, Xpander, 4Voice, Macbeth M5n, Gibson Les Paul, Moog modular ed altre ancora) ed è un incredibile spaccato dell’universo deep.
E’ proprio questo il concetto, scrivere musica riflettendo e guardandosi dentro, metter a nudo la propria personalità traducendola in melodia ed ambientazioni, una cosa che riesce benissimo a tutti i musicisti impegnati, che riescono a disegnare con una matita guidata da una mano caldissima, e ci regalano un’ora di magia elettronica dal gusto inarrivabile.
Sin dal brano iniziale, Oblivion, gli intenti sono chiarissimi, si passa da un’onda melodica in odor di new age ad una serie di innesti cosmici dorati, un brano che cavalca leggero su un ritmo ovattato che con lentezza muove i ritmi di questa installazione lunare che riflette le sue luci nell’oscurità della notte. E’ un album ricco, perché in ogni dove escono fuori melodie, accordi, registrazioni ambientali e sovrapposizioni di strati che costruiscono brani complessi ma allo stesso tempo incredibilmente fruibili, una perfetta colonna sonora per i vostri pensieri notturni, quelli abitati dalle fantasie e dai sogni, i migliori insomma.
Vi perderete letteralmente nella miriade di luoghi che questa musica vi farà visitare, perché il disco ha delle impennate e dei cambi di rotta a volte netti e decisi, nonostante il mood sia impostato su un’atmosfera profonda e priva della luce solare, potrete vagare indisturbati tra le frequenze multicolore dei vari brani. Dalle note paradisiache di “Above the snow” ai fondali marini della splendida “Disorder”, le distese pastorali di “Inwards” (con il supporto di Federica Rubino ed il flauto di India Czajkowska) o i solenni affondi ritmici di “Denormal” che affondano dentro le atmosfere epiche di “Corruption” (con alcuni rimandi della scena elettronica inglese scuola Warp).
Dinamiche in crescita che culminano nell’esplosiva Heterodyne, nove minuti abbondanti di elettronica intensa, microsuoni, scintille, frammenti e pads ombrosi che ci conducono al brano finale, Submerge, un’atterraggio controllato che parte dalle registrazioni delle onde del mare per far salire un suono leggero e romantico, poi un cambio di rotta, un ritmo che batte sottile tra mille suoni per poi tornare a disperdersi tra le nebbie.
Cos’altro aggiungere, un’esperienza d’ascolto indispensabile.