Il belga Peter Van Hoesen è ormai un affermato big della scena techno mondiale, le sue produzioni strettamente dancefloor oriented su Komisch, Ostgut Ton e sulla sua label Time To Express sono entrate nelle borse di molti dj e nelle orecchie e nella mente di moltissimi appassionati di techno in tutto il mondo.
Proprio con il suo primo album “Entropic City”, dato alle stampe nel 2010, Peter ci aveva al tempo deliziato (vedi recensione), proponendo una techno carica di elementi riflessivi adatta sì alla pista, ma anche ad un ascolto immersivo; il risultato fu un album che esprimeva grandissima qualità e una visione per l’epoca innovativa della techno “pistaiola”.
Dopo quel lavoro il produttore ha iniziato un percorso verso la sperimentazione sonora e l’uso di elementi drone, abstract, idm e ambient sempre più marcato e orientato verso quello che molti definiscono “sound design”, che ha visto la realizzazione di un primo step nell’album “Geotope”, prodotto insieme a Yves De May, insieme al quale Peter forma il duo Sendai.
Con “Perceiver” l’artista sembra introdurre un ulteriore passaggio nel suo percorso evolutivo in tema di composizione e unisce elementi sperimentali, astrazioni e suoni industriali con la techno votata a far perdere la testa a qualunque dj o clubber su tutte le piste del mondo, disegnando un percorso contaminato, in cui l’elemento techno sembra essere un fiume impetuoso dentro cui affluiscono tutti i diversi elementi aggiunti dal produttore.
Perceiver non è un disco pensato solo ed esclusivamente per far ballare, sembra quasi diviso in due capitoli nei quali Peter ci dà dimostrazione di quello che potrebbe essere e di quello che già rappresenta in veste di compositore musicale, l’ascolto del disco si prefigura come un viaggio in cui si parte traghettati in un’alba nella quale imperversano le aurore e i rumori di “Objects From The Past”, passando poi attraverso la marcia pesante e travolgente e le vibrazioni ed i cinguettiì elettronici di “To Alter A Vector”.
Poi il ritmo si spezza e viene invaso dal suono di elementi meccanici e vibrazioni sinistre infarcite di elementi della scuola UK di “Seven / Green & Black”; “Spectral Participant” introduce una riflessione in cui tutto sembra fermarsi per poi riprendere vita attraverso l’intreccio di vari suoni distesi su un tappeto stellare, “Attack On The Reality Principle” cresce di intensità in una moltitudine di esplosioni sonore che illuminano il crepuscolo lasciando scie maligne.
Con “Nefertiti / Always Beyond” entriamo nella seconda parte della visione di Van Hoesen, dove entra la cassa in quattro, i suoni sono quelli più familiari alla scena techno Berlinese, e la tela è ancora ricca di elementi industriali e schitarrate spettrali, “Inspection In Solitude” esprime la sua oscura presenza su solidi elementi detroitiani fusi a elementi della scuola techno berlinese e inglese, lasciando intravedere tra le righe luminosità che trovano maggiore spazio in “Rapture’s Coming”, dove Van Hoesen rende tributo e omaggio alle costruzioni sonore di grandissimi quali Hood e Mills.
“Decoder” ha il solo intento di far impazzire il dancefloor con il suo andamento percussivo e muscolare, mentre con “Attribute 39” Van Hoesen lancia le proprie bombe su una nave producendo luminose esplosioni elettroniche ritmiche e modulazioni melodiche, che la affonderanno lentamente in un abisso crepuscolare.
La chiusura del disco è affidata a “Europa / Unlit Bonfire” che pulsa tra scie elettroniche, battiti sordi e deflagrazioni subacquee per poi chiudere il sipario in stile cinematografico.
Le 11 tracce di questo album portano molti elementi e lasciano intravedere la possibilità che Van Hoesen abbia pienamente sposato la causa della sperimentazione per entrare nella mente dell’ascoltatore, lasciando solo parte del lavoro a quella techno orientata alla pista che avevamo assaggiato con “Entropic City”.
La tela è ricca, di approccio non semplicissimo ed a volte appare un po’ confusa, si intravede però un potenziale che potrebbe, col terzo album, consacrare Van Hoesen nell’olimpo dei produttori Techno; apprezziamo già il fatto che l’artista abbia sempre voluto portare nei suoi album una visione della techno olistica, allargata, anche coraggiosa.
Per quel che mi riguarda abbiamo a che fare con un ottimo lavoro e con un artista di classe.